Strage di Bologna, da dove viene la pista palestinese e cosa dicono le indagini e i documenti del Viminale

Le voci nascono dalla Commissione Mithrokin. Qual è la tesi dell’estrema destra. E cosa c’è invece nelle carte

La cosiddetta pista palestinese per la strage della stazione di Bologna è stata già oggetto di indagine. L’inchiesta è terminata nel 2014 con un’archiviazione. Anche se oggi c’è chi, come Marcello De Angelis, continua a propugnare l’innocenza di Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini parlando di depistaggi e di verità nascoste. Persino dalle istituzioni. Mentre in realtà l’unico depistaggio accertato sulla strage di Bologna è quello che ha portato alla condanna a dieci anni per gli ufficiali del Sismi Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte e al consulente Francesco Pazienza. Per aver agito «al fine di assicurare l’impunità agli autori della strage». Ovvero l’estrema destra eversiva. La «matrice neofascista» della strage è stata quindi accertata.


La commissione Mithrokin e il terrorismo internazionale

In compenso la pista del terrorismo internazionale per la strage di Bologna gira ormai da venti anni. Oggi La Stampa ne rievoca la genesi. È nata a Palazzo San Macuto, sede dal 2002 al 2006 della commissione d’inchiesta Mithrokin. Nella relazione finale c’è un capitolo dedicato alla strage. Con l’ipotesi di una connessione tra la bomba del 2 agosto 1980 e il gruppo Separat. Diretto da Ilich Ramirez Sanchez, detto “Carlos Lo Sciacallo”. Il punto di partenza è la presenza del cittadino tedesco Thomas Kram a Bologna il 2 agosto. E il suo ipotetico collegamento con l’organizzazione. Lo sfondo geopolitico è la rottura del patto tra l’Italia e le organizzazioni palestinesi, il Lodo Moro, dopo l’arresto ad Ortona, alla fine del 1979, di Abu Anzeh Saleh, militante del FPLP di George Habash.


La tesi dell’estrema destra sull’innocenza di Mambro e Fioravanti

Secondo questa tesi la strage di Bologna fu la vendetta per i fatti di Ortona. Ma c’è un problema. Alcune note che arrivano dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Viminale raccontano la genesi e lo sviluppo della pista internazionale. La commissione all’epoca acquisì la documentazione degli archivi dell’intelligence dei paesi comunisti. In particolare quelli della Stasi. Queste carte, avverte il quotidiano, stanno tornando a girare nelle redazioni. Ma il giudizio degli investigatori antiterrorismo del Ministero dell’Interno è netto: «Da tali documenti, piuttosto analitici sulle progettualità dell’organizzazione (di Carlos, ndr), nulla sembra emergere circa la realizzazione della strage di Bologna».

I documenti del Viminale

Ma c’è di più: «D’altro verso la Stasi in ben due rapporti del 1985 attribuisce a Separat l’attentato del 23 dicembre 1984 sul treno rapido 904 nella tratta Bologna Firenze. Tale circostanza, tuttavia, non risulta oggetto di approfondimenti». L’unica informazione di rilievo presente negli archivi della DDR portava ad un altro attentato, per il quale sono stati condannati uomini di Cosa Nostra, legati a Pippo Calò. La procura di Bologna ha indagato sulla pista palestinese dal 2014. Una seconda nota su carta intestata del Viminale, datata 31 luglio 2009, riporta una serie di informazioni inviate al Capo del Dipartimento centrale della Polizia di Prevenzione. I funzionari del Ministero dell’Interno riferiscono che «le rogatorie condotte in Germania ed in Francia non hanno permesso di consolidare la tesi investigativa».

Carlos lo sciacallo

La colonna portante dell’intera ipotesi palestinese, la figura di Carlos detto “lo sciacallo”, era crollata: «Il terrorista, oltre ad escludere il coinvolgimento della sua organizzazione, per quel che concerne la presenza di Thomas Kram a Bologna ha affermato di non aver mai avuto alcun rapporto personale con lui». Lo stesso terrorista disse in un’intervista al Corriere della Sera che Kram non faceva parte della sua organizzazione. Il sostituto procuratore bolognese Nicola Proto ha spiegato nella sua requisitoria al processo d’appello nei confronti di Gilberto Cavallini che una trattativa con i palestinesi ci fu. Ma anche che il buon esito della trattativa tolse al Fplp ogni interesse nei confronti degli atti di ritorsione.

L’interlocuzione

C’è anche un dettaglio che non considerano i cosiddetti fautori della pista palestinese. L’interlocuzione proseguì anche dopo il 2 agosto. Cosa che «non sarebbe stata logica, così come non sarebbe stato logico indennizzare il Fplp per il valore dei lanciamissili sequestrati, se nel frattempo i palestinesi avessero commesso una strage». La verità giudiziaria sulla strage di Bologna dice che nel 1995 la Corte di Cassazione ha confermato le condanne all’ergastolo per Mambro e Fioravanti e quelle per banda armata nei confronti di Cavallini ed Egidio Giuliani. Il secondo processo si svolge tra 1997 e 2007. Luigi Ciavardini riceve una condanna a 30 anni di reclusione dopo due appelli: era minorenne all’epoca dei fatti. Nel 2017 Gilberto Cavallini riceve in primo grado una condanna all’ergastolo. 

Gelli e Bellini

Per la procura uno dei mandanti della strage fu Licio Gelli. Attualmente è in corso il processo nei confronti di Paolo Bellini. L’ex Avanguardia Nazionale è stato condannato all’ergastolo in primo grado. Di recente è stato arrestato. Agli atti delle indagini su di lui ci sono alcune intercettazioni che riguardano l’ex moglie. Maurizia Bonini aveva fornito un alibi all’ex marito nel giorno della strage. Durante il processo però lo ha riconosciuto in un video amatoriale girato proprio il 2 agosto. E ha detto che quel giorno Bellini arrivò a casa all’ora di pranzo e non alle 9. Quindi in un orario compatibile con l’esecuzione della strage. «Bonini pensi che finisce qui? Ho appena finito di pagare 50mila euro per fare fuori uno di voi Bonini eh, non si sa quale! Che Dio vi stramaledica tutti», dice Bellini in alcune intercettazioni. Che però Marcello De Angelis non cita quando dice nel suo status su Facebook che Cristo non è morto di freddo.

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