Strage di Bologna, nessuna marcia indietro di De Angelis: «Ho espresso il mio dissenso e sono finito sul rogo»

Il braccio destro del governatore del Lazio ha negato le responsabilità sull’attentato emerse dai processi: «Ho detto quello che penso»

Dopo aver messo in dubbio le sentenze della giustizia italiana sulle responsabilità della strage di Bologna, nella quale 43 anni fa – era il 2 agosto 1980 – morirono 85 persone e sulla matrice neofascista dell’attentato, il capo comunicazione della Regione Lazio Marcello De Angelis non fa alcun passo indietro. Anzi rivendica la sua posizione, forse approfittando del silenzio del governatore Francesco Rocca sulle considerazioni del suo braccio destro. «Con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini. Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza», aveva detto nei giorni dell’anniversario della strage. E ora lo ribadisce. «Come ogni libero cittadino di questa Nazione, ho esercitato il diritto di esprimere la mia opinione su un evento solstiziale della nostra storia, fondata su decenni di inchiesta svolta come giornalista e parlamentare», ha scritto su Facebook De Angelis, che ha nel suo curriculum una lunga militanza in gruppi di estrema destra, una condanna per banda armata e associazione sovversiva a fine anni Ottanta, ed è stato poi eletto senatore e deputato nel 2006 e nel 2008 con il Popolo delle libertà, diventando in seguito direttore de Il Secolo d’Italia, «e certo, non lo nego, animato dalla passione di chi ha avuto un fratello morto, vittima di uno degli accertati depistaggi orditi per impedire l’accertamento della verità, con l’utilizzo della falsa testimonianza del massacratore del Circeo Angelo Izzo. E quindi con il diritto personale e familiare di chiedere di approfondire ogni analisi finché non sia dissipato qualunque dubbio. Ho detto quello che penso senza timore delle conseguenze. Se dovrò pagare per questo e andare sul rogo come Giordano Bruno per aver violato il dogma, ne sono orgoglioso».


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