Ancora guai per Barbie, a rischio censura in Libano: «Promuove l’omosessualità»

Il ministro della Cultura vorrebbe impedirne la proiezione nelle sale

Sembrava essere passata la tempesta, quando le autorità dell’Arabia Saudita avevano infine fissato l’uscita nelle sale di Barbie giovedì 10 agosto, dopo un tira e molla durato diverse settimane. Il film doveva esordire in Medio Oriente il 19 luglio, per poi essere spostato al 31 agosto in attesa della valutazione delle autorità religiose e delle risposte della Warner Bros ai tagli chiesti alla pellicola per cancellare scene ritenute immorali, scabrose o offensive. Ma poi tutto si era sbloccato appunto con l’annuncio che in Arabia Saudita, principale mercato della regione, il film sarebbe uscito tra qualche ora. Anche se non è chiaro se i produttori abbiano accettato i tagli richiesti, come spiega Variety, è chiaro che per le autorità morali del Libano la pellicola continui a essere un problema. «Barbie promuove l’omosessualità e il cambio di genere, sostiene il rifiuto della paternità, mina e ridicolizza il ruolo della madre e mette in discussione la necessità del matrimonio e della genitorialità», ha dichiarato Mohammad Mourtada, ministro della Cultura in uno degli Stati più liberali del Medio Oriente, citato da Reuters, «va contro i valori morali e religiosi in Libano». Il ministro si sarebbe quindi mosso per impedire la proiezione del film nei cinema del Paese. A luglio, ricorda l’Ansa, il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha sostenuto che, secondo la legge islamica, ogni omosessuale «dovrebbe essere ucciso» e ha chiesto il boicottaggio di tutti i prodotti arcobaleno. Nove parlamentari hanno presentato un disegno di legge in parlamento il mese scorso per depenalizzare l’omosessualità, ma sono stati oggetto di una campagna di critiche. La pellicola di Greta Gerwig, che in tutto il mondo ha già incassato oltre 1 miliardo di dollari, aveva incontrato resistenze e critiche che ne avevano compromesso l’uscita anche in altri Paesi. Come il caso del Vietnam, dove era scoppiato un incidente diplomatico per la presenza di una mappa che avrebbe dato ragione alle rivendicazioni della Cina sul Mar cinese meridionale.


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