Extraprofitti, critiche anche da Moody’s. E Banca Etica: «La tassa provocherà strette creditizie»

Secondo l’agenzia di rating ci sarà un effetto negativo sul credito. Il confronto con gli interventi analoghi in Spagna

L’istituto di credito che porta nel nome la propria mission, Banca Etica, ha diffuso un documento che analizza – e stigmatizza – la recente norma contenuta nel decreto cosiddetto omibus. «La tassa sugli extraprofitti delle banche, così come delineata nel decreto legge varato dal governo lo scorso 8 agosto, rischia di avere effetti ben diversi da quello auspicato di favorire la giustizia sociale». Banca Etica ha detto esplicitamente quello che secondo molte ricostruzioni pensano i gestori di vari istituti di credito, grandi e piccoli. Oggi è arrivata anche la critica di Moody’s che ha parlato di danni al settore già particolarmente rigido.


Cosa dice Banca Etica

Anna Fasano, presidente di Banca Etica, afferma che «calcolare la tassa straordinaria sull’incremento del margine di interesse significa identificare come base di tassazione l’attività tipica della banca». Secondo il suo ragionamento, ciò inibirebbe gli istituti a sviluppare le attività di intermediazione ed erogazione del credito, spingendoli a «mettere energie e risorse nella distribuzione di servizi vari – assicurazioni, prodotti di terzi, ecc. – e nell’attività di trading anche speculativo – ad esempio i crediti da bonus fiscali – i cui risultati non vengono colpiti».


Una misura, continua la nota, «che provocherà ulteriore stretta creditizia e proprio non ne abbiamo bisogno visto che il credito è fondamentale specialmente per l’economia italiana dove è la principale fonte di finanziamento degli attori del sistema economico». Così, rimarca il rapporto, si ridurrà il patrimonio delle banche. Fasano aggiunge che una tassa disegnata in questo modo, inoltre, «non considera l’effetto sul risultato economico finale della banca di altri fattori di costo, tra i quali gli accantonamenti per il deterioramento del credito che si sta già registrando a fronte dell’inflazione. Riducendo il patrimonio delle banche, registreremo un indebolimento degli indici patrimoniali con un incremento dell’area di fragilità a fronte di tensioni di mercato quali il peggioramento dei crediti Nfl». Ancora: «Sembra molto sproporzionato colpire allo stesso modo le banche che distribuiscono dividendi agli azionisti e quelle invece che destinano tutti gli utili al rafforzamento patrimoniale della banca stessa per poter erogare più credito».

Invece, come suggerimento, l’istituto di credito invita i decisori politici a intervenire colpendo le transazioni finanziarie: «Se l’obiettivo del governo è favorire una vera redistribuzione fiscale e moderare degli eccessi speculativi delle banche, la finanza etica e molte associazioni in tutto il mondo, propongono da anni l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, anche di importo minimo, ad esempio pari allo 0,05%, che avrebbe l’effetto di scoraggiare la turbofinanza e i suoi ormai evidenti effetti nefasti e di generare un gettito costante da utilizzare per politiche di giustizia sociale e lotta ai cambiamenti climatici. Un misura di questo tipo naturalmente dovrebbe essere presa a livello internazionale e richiede una vera riforma finanziaria e non una misura una tantum come si è voluto fare con questo decreto».

Le critiche di Moody’s

Critiche sono arrivate anche da Moody’s. Secondo i calcoli su cinque banche che rappresentano oltre il 60% del margine di interesse del sistema bancario italiano a fine 2022 (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Bper, Banco Bpm e Mps) «la nuova imposta ridurrà sensibilmente il loro reddito netto», con un peso di «circa il 15% dell’utile netto 2022 del sistema» ed è quindi “credit negative”. L’imposta va «ad aggiungersi a una serie di altri vincoli alla redditività delle banche italiane, come la modesta attività di prestito o l’aumento delle spese operative». E’ vero poi, sottolinea l’agenzia di rating, che altri paesi hanno introdotto tasse analoghe ma «a differenza del regime italiano, che si applica a tutte le banche del Paese, il prelievo spagnolo si applica solo alle banche che hanno generato più di 800 milioni di euro di reddito imponibile nel 2019 o che sono vigilati dalla Banca Centrale Europea».

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