In abito rosso, con un turbante dello stesso colore. Sembra danzare, libera, come la sua voce. Fino alla fine. È la fotografia scelta da Lorenzo Terenzi, attore, regista e musicista, per dire addio a Michela Murgia. I due si erano sposati civilmente il 15 luglio scorso. «Lo abbiamo fatto “in articulo mortis” perché ogni giorno c’è una complicazione fisica diversa, entro ed esco dall’ospedale e ormai non diamo più niente per scontato», aveva detto la scrittrice, attivista, femminista. Un rito «controvoglia» antecedente all’ufficializzazione dell’unione, una settimana dopo, con la sua famiglia queer: dove convivono i figli dell’anima, i legami spirituali, la convivenza con nomi e donne. Tutte e tutti rigorosamente vestiti di bianco, anelli chevalier di resina, e la scritta «God save the queer» ricamata sul suo abito. «Un nido d’amore «che il governo vorrebbe ridurre a stranezza sociale da perseguitare e invece è già la vita normale di tante persone»: era il messaggio dall’autrice di Accabadora sui suoi profili social. Il post sta raccogliendo i commenti commossi e le testimonianze di affetto di amici e amiche, nonché sostenitori e sostenitrici della scrittrice. «Non si poteva scegliere foto migliore per onorare la sua morte. Il segno di vittoria rappresenta che lei vince sulla morte perché ha vissuto pienamente la vita circondata dalle persone che le volevano bene», si legge. E poi ancora: «I suoi insegnamenti, le sue parole, le sue intenzioni, non rimarranno invani».
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