Donne trans escluse dai tornei femminili di scacchi: cosa sta succedendo e perché si parla (anche) di discriminazione di genere

Il nuovo regolamento della Federazione internazionale degli scacchi sta facendo discutere: le nuove regole e le critiche che stanno ricevendo

Le donne transgender non potranno più competere nei campionati femminili di scacchi. A deciderlo è la Federazione internazionale degli scacchi (FIDE) con una serie di nuove regole che stanno facendo discutere. Un’esclusione che risuona sempre di più nelle cronache sportive, il più delle volte giustificata dalla presunta possibilità che le atlete trans avrebbero un vantaggio rispetto alle colleghe cisgender, ma che spiazza ancora di più in uno sport come quello degli scacchi dove ad essere prioritarie sono le prestazioni mentali, come la concentrazione e la strategia. Oltre al fatto che la quasi totalità dei tornei di scacchi non prevede la divisione delle categorie di genere in maschili e femminili. Salvo l’esistenza di alcuni campionati ufficiali in cui è prevista la sola competizione tra donne. Al contrario, invece, non esistono tornei solo maschili di scacchi. Quelli riservati alle giocatrici, infatti, furono ideati proprio con l’obiettivo di dare una spinta alla presenza di donne in questo sport, dove tendono a essere molto poche e con una scarsa visibilità. Una scelta che stride con l’annuncio di escludere le donne transgender dalle competizioni femminili perché ipotizza che le performance mentali di una persona di sesso maschile nel gioco degli scacchi sarebbero di partenza superiori rispetto a quelle di una di sesso femminile.


Le altre regole

La partecipazione delle donne trans è regolata dalla FIDE non solo in merito alla possibilità di accesso o meno alle competizioni femminili ufficiali, ma anche per le modalità di registrazione. Le persone trans che partecipano a tornei di scacchi non saranno registrate con il genere e il nome in cui si riconoscono fino alla completa transizione burocratica nel proprio Paese. Va evidenziato, però, che questa regola non prende in considerazione i tempi diversi dei paesi e che nella maggior parte dei casi si tratta di percorsi lunghi e ostacolati. Inoltre, l’esclusione delle scacchiste trans dalle competizioni femminili proseguirà finché – fa sapere la Federazione – «non sarà presa una nuova decisione. E questo potrebbe durare anche due anni».


Dalla transfobia alla discriminazione di genere: le critiche

Sulla FIDE si sta abbattendo una tempesta di critiche in queste ore, soprattutto da parte di scacchiste. Come nel caso di Yosha Iglesias, giocatrice di scacchi professionista e donna trans, che definisce «straziante e inutile» la decisione della FIDE. «Non c’è alcun vantaggio biologico. Non si tratta di biologia, ma di psicologia e sessismo. Dicono di non essere contro i trans, di lottare per proteggere lo sport femminile, ma questo dimostra che non è così», commenta Iglesias. A farle da eco è anche Jennifer Shahad, importante giocatrice di scacchi e campionessa femminile degli Stati Uniti, che dichiara: «La politica transgender della FIDE è ridicola e pericolosa. È ovvio che non si sono consultati con nessuna giocatrice transgender per costruirla. E tutto questo avviene con un certo tempismo con il fatto che ora gli scacchi stanno finalmente facendo i conti con aggressioni e molestie sessuali dove vengono evidenziati i legami tra misoginia e transfobia. Alla FIDE dico: cambiate consulenti». Inoltre, c’è chi accusa la FIDE anche di discriminazione di genere, come lo scrittore Rich Juzwiak che su Jezebel scrive: «Gli scacchi sono un gioco di strategia. La decisione della FIDE sembra voler dire che le donne trans abbiano un ingiusto vantaggio intellettuale rispetto alle donne cisgender, come se essere uomo alla nascita possa rendere qualcuno naturalmente più intelligente».

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