Stupri di Caivano, i video nei cellulari dei figli dei boss: il sospetto delle vendite online. Cresce la paura della vendetta

È partita una raccolta fondi a favore di una mamma delle due vittime degli abusi perché possa lasciare Caivano. Cresce il timore che i clan si vendichino dopo le denunce

Sono almeno 10 i cellulari sequestrati dai carabinieri della compagnia di Caivano che indagano sugli stupri di gruppo di cui sono state vittime due cuginette non più grandi di 12 anni nel corso degli ultimi mesi nella zona del Parco Verde. Dalle memorie degli smartphone, gli inquirenti puntano a ricostruire i dettagli di quel che sarebbe avvenuto nell’ultimo periodo, analizzando soprattutto le chat tra i giovanissimi coinvolti nella vicenda. L’analisi dei militari si concentra in particolar modo sui video che il gruppo di ragazzini avrebbe realizzato durante le diverse violenze. Il sospetto è che le immagini possano essere state vendute online. Finora gli stupri denunciati sono due, ma il sospetto è che le due bambine siano state vittime degli abusi almeno dallo scorso gennaio. Nell’inchiesta della procura dei minori e di quella di Napoli Nord è indagato un maggiorenne, ma sono coinvolti diversi minorenni, che per età non sarebbero imputabili. E c’è un sedicenne, che si sarebbe definito il “fidanzato” di una delle due vittime.


I figli dei boss locali

L’attenzione degli inquirenti, riporta Il Mattino, si starebbe concentrando in particolare sugli smartphone di due minorenni, figli di capi piazze di spaccio, che sarebbero attive tra Parco Verde e nel complesso di case popolari Iacp di via Atellana, tristemente noto come “Bronx”. Si trarrebbe di figli di personaggi di spicco della criminalità organizzata, giovanissimi che appartengono alla cosiddetta “borghesia delle piazze di spaccio” e ai quali non mancherebbero mai contanti in tasca, ostentano abiti firmati e si comportano scimmiottando la spocchia di presunti criminali. Sono ragazzi che appartengono a famiglie che finora avrebbero mantenuto il controllo della zona e il relativo silenzio omertoso con un mix di paura e gestione di un proprio welfare. Un esempio era emerso poco prima della scorsa Pasqua, quando gli uomini dei clan avevano distribuito pubblicamente pacchi di viveri e uova pasquali alle famiglie della zona.


La paura della vendetta per lo stop allo spaccio

Tra i cellulari sequestrati c’è anche quello della mamma di una delle due bambine vittime degli abusi. Un sequestro a fine probatorio che per gli inquirenti può fornire ulteriori riscontri sulla ricostruzione dei fatti, ma anche approfondire quanto davvero la donna avesse controllato e vigilato sulla figlia, come lei stessa ha garantito. Per lei intanto è scattata una raccolta fondi per aiutarla a lasciare Caivano. Anche perché ora le famiglie che hanno denunciato, potrebbero non essere più al sicuro, come ammette la madre di una delle due bambine citata da Repubblica: «Ho paura per me, per mia figlia e per gli altri miei tre ragazzi. Temo la vendetta dei boss che a causa della denuncia hanno dovuto fermare la piazza dello spaccio. Io rivoglio solo mia figlia: non ho mai smesso di occuparmi di lei».

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