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La lunga catena di errori nella strage di Brandizzo

02 Settembre 2023 - 06:18 Redazione
C'è una telefonata, agli atti, tra l'uomo scorta di Rfi Antonio Massa e il responsabile dell’Ufficio Movimenti di Chivasso. In quella chiamata c'è tutto: il rumore dei lavori, lo schianto e le urla

Nella strage di Brandizzo, dove hanno perso la vita cinque operai, travolti da un convoglio che rientrava in deposito sulla linea Milano-Torino, ci sono una catena di errori sempre più evidenti o, come direbbe la procuratrice di Ivrea Gabriella Viglione, «gravi irregolarità emerse nelle fasi precedenti al disastro», Un «evento che poteva essere evitato».

L’orario anticipato e il documento che manca

Tutto – spiega oggi il Corriere della Sera – ruota attorno all’interruzione programmata oraria. I due superstiti, il capocantiere Andrea Girardin Gibin e l’agente di scorta e tecnico manutentore Antonio Massa, cioè l’uomo che il committente dei lavori (in questo caso Rete ferroviaria italiana) sono indagati. Perché tocca a loro dare il via libera agli operai per l’apertura del cantiere. Ma per farlo devono avere la certezza che sia stata autorizzata l’interruzione programmata oraria di cui si diceva prima: un documento che – a seguire la procedura corretta – il dirigente della centrale operativa manda al responsabile dell’ufficio movimenti e che l’ufficio movimenti comunica con una telefonata all’agente di scorta. Una autorizzazione che manca. O peggio ancora che non sarebbe mai stata emessa. Per avviare un cantiere sui binari, aggiunge oggi Repubblica, occorre un fonogramma scritto, in gergo chiamato modulo M40, sempre rilasciato prima dell’inizio dei lavori. Allora chi ha dato il via libera agli operai? Non solo: la squadra doveva intervenire sui binari fra mezzanotte e le due, perché hanno iniziato a lavorare prima? La prassi, spesso, può esser letale. «Il fonogramma arriva più tardi, entro la fine del turno», racconta a Repubblica un operaio. Si inizia prima, si finisce prima. Per soldi. «Abbiamo poco tempo per fare lavori complessi e se finiamo tardi la nostra ditta paga penali altissime, per quello ci dicono sempre di fare in fretta. Ci dicono che un minuto di ritardo può costare anche 4-5 mila euro, per quello si inizia il prima possibile, verso le 23».

La telefonata che potrebbe sbrogliare il mistero

Una delle ipotesi è che quella notte a Brandizzo ci si sia attivati comunque perché tanto poi l’ok di Chivasso sarebbe arrivato. C’è una telefonata, ora agli atti, tra l’uomo scorta di Rfi Antonio Massa e il responsabile dell’Ufficio movimenti di Chivasso. È stato lo stesso Massa a rivelare agli inquirenti che fra lui e l’Ufficio movimenti c’era stato più di un contatto. Non si sa ancora il contenuto e se l’addetto Rfi abbia sollecitato lo stop della linea o meno. In quella chiamata c’è l’orrore e il dramma della strage. I rumori dei lavori, il boato del treno sugli operai, le urla. E, dicono in Procura, secondo quanto riporta il Corriere, in quelle conversazioni non c’è l’autorizzazione di Chivasso e l’operatore ne ha sentito le conseguenze in diretta. Le 11 carrozze vuote che hanno strappato via cinque vite viaggiavano con un ritardo di 20, 25 minuti. Massa ne era a conoscenza ma secondo i suoi calcoli quel treno era già passato.

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