Entrare in un’università della Ivy League – il gruppo di 8 atenei più prestigiosi degli Stati Uniti – è il sogno di migliaia di studenti americani. Rispetto a qualche anno fa, i neodiplomati possono contare su un aiuto inaspettato: i software di intelligenza artificiale come ChatGPT e Bard. A raccontarlo è un articolo del New York Times, in cui la giornalista Natasha Singer si è finta una giovane studentessa del liceo e ha chiesto una mano ai due celebri chatbot, creati rispettivamente da OpenAI e da Google. Singer, giornalista specializzata in tecnologia, ha chiesto ai due software di scrivere il «saggio di ammissione» richiesto da tre prestigiosi atenei statunitensi: Harvard, Yale e Princeton. Sempre più studenti, spiega il quotidiano newyorchese, si rivolgono a ChatGPT e Bard per farsi dare una mano con la domanda di ammissione al college. C’è chi si limita a chiedere qualche consiglio su cosa dovrebbe scrivere nel saggio, chi vuole sapere come dovrebbe essere strutturato e chi fornisce al chatbot tutte le informazioni necessarie per delegare all’intelligenza artificiale la stesura vera e propria del testo.
L’esperimento del New York Times ha prodotto risultati un po’ incerti. Nel caso di Yale, per esempio, l’ateneo chiedeva agli studenti di rispondere alla seguente domanda: «Se potessi insegnare un corso universitario, scrivere un libro o creare un’opera d’arte originale di qualsiasi tipo, quale sarebbe?». E la risposta offerta da ChatGPT a Natasha Singer – «un seminario sull’intersezionalità delle questioni di giustizia sociale» – sembra piuttosto soddisfacente. Non si può dire lo stesso per l’esperimento con l’università di Princeton, che chiedeva agli studenti di scegliere «la colonna sonora» della loro vita. In questo caso, il chatbot ha suggerito alla giornalista americana il brano Cake by the ocean, dei DNCE. «Ma parla di sesso!», ha protestato Singer. E il chatbot si è subito corretto: «Hai ragione e mi scuso per la confusione». Insomma, l’intelligenza artificiale potrà anche dare una mano, ma non sembra rivelarsi sempre affidabile. E forse è anche per questo, scrive il New York Times, che molti atenei americani ancora non hanno fornito regole o linee guida precise riguardo l’uso di questi software per le domande di ammissione al college.
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