«Marisa aveva paura, anche se non pensava certamente ad un epilogo del genere. Temeva più per la sua bambina, ogni volta che la lasciava col padre era in preda all’ansia». A raccontarlo a LaPresse Roberta Urso, delegata per la Sicilia dell’Associazione Donne del Vino, amica e collega di Marisa Leo, la donna uccisa dall’ex compagno in Contrada Inchiapparo nel trapanese. Leo con l’ex compagno killer, poi suicidatosi, lascia una figlia di tre anni.
«Eravamo in una call, lui l’ha chiamata e lei ha deciso di uscire»
«Ieri pomeriggio alle 5 – spiega all’agenzia – eravamo in una call per programmare un evento proprio contro la violenza sulle donne. Poi lui l’ha chiamata. Non capisco perché sia uscita. Io l’ho conosciuta quando era incinta e già la relazione non c’era più: lei ha cresciuto la bambina da sola, ma non le ha voluto negare un padre. La bimba lo vedeva ma era evidente che Marisa non fosse tranquilla. Non perché lui fosse violento, anzi mi raccontava che era affettuoso con la piccola, ma non era comunque tranquilla. Come ha potuto farle questo? Non è degno di essere definito padre perché ha lasciato una bambina sola al mondo». Sull’account di Instagram l’Associazione Donne del Vino ha postato una foto di Marisa con la frase: ‘la mia essenza non è merce di scambio‘. «È una sua frase», spiega Urso. Marisa «non voleva che altre donne si ritrovassero accanto a uomini sbagliati, per questo aveva inventato il format che noi Donne del Vino Sicilia portavamo avanti, ‘Calici di vita‘ contro la violenza sulle donne, Era una persona solare, sempre sorridente, estremamente intelligente. Lei guardava avanti», prosegue. «Era luce e lui l’ha spenta per sempre».
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