Terremoto in Marocco, l’esperto: «Non c’entra con quelli in Italia. Il Mediterraneo non sta diventando più sismico»

Dubbi che potrebbero sorgere, ma che, come spiega il direttore del dipartimento Terremoti dell’Ingv Claudio Chiarabba, sono infondati

Gli eventi sismici sono avvenuti a poche ore di distanza. Prima quelli ad Ancona e Napoli e poi quello ben più grave in nella zona di Marrakesh che ha già fatto almeno 2 mila morti. Ma i terremoti in Italia e in Marocco degli ultimi giorni non hanno nulla a che vedere gli uni con gli altri. A spiegarlo è Claudio Chiarabba, direttore del dipartimento Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. L’esperto conferma quanto comunicato ieri dall’Ingv: la causa del sisma in Marocco «è un movimento di compressione che sta facendo innalzare la catena montuosa dell’Atlante». Attualmente il picco più alto della catena montuosa è il monte Toubkal, in Marocco, con i suoi 4.165 metri. Nel 2023, un altro forte terremoto si è abbattuto su un Paese del Mediterraneo: la Turchia. Si può parlare di un aumento del rischio?


«Non è stato uno scontro tra placche»

In un’intervista rilasciate a la Repubblica a cura di Giuliano Aluffi, Chiarabba smentisce. L’area mediterranea non sta diventando sismicamente più rischiosa. E spiega gli aspetti specifici del sisma nordafricano. «La regione dell’alto Atlante, quella in cui è avvenuto il terremoto, è in progressiva deformazione. Il sisma è dovuto sia a una non-omogeneità nel movimento della placca africana verso Nord, sia a movimenti compressivi interni alla placca, analoghi a quelli che originarono la catena montuosa dell’Atlante. Certo, non si può escludere del tutto che la frizione tra le placche africana e eurasiatica possa aver giocato un qualche ruolo – nonostante la distanza notevole: l’epicentro di ieri si trova a 400-500 km dal confine tra le due placche – generando delle deformazioni anche a una certa distanza dalla zona di contatto vera e propria. Ma seppure il contatto tra le due placche è la causa più frequente di terremoti, in questo caso il meccanismo chiave sembra un altro. In geologia lo definiamo “inversione di un bacino preesistente”».


«Un bacino che si restringe»

Prosegue Chiarabba: «Esistono dei bacini che si stanno estendendo, come il Tirreno o il canale di Sicilia, dove i blocchi si allontanano. E degli antichi bacini che invece, con un processo inverso, si stanno restringendo e chiudendo. L’Atlante nel passato geologico era un bacino estensionale, ma da molto tempo sta subendo il processo opposto: il bacino si sta restringendo e la catena montuosa dell’Atlante si sta sollevando. Il terremoto avviene all’interno di questa dinamica di grande scala dell’Atlante, che è una catena molto lunga ed estesa, e ospita sismicità e terremoti in tutta la sua estensione».

Perché un terremoto così forte?

Come ha fatto il terremoto a essere così distruttivo? «Questi eventi avvengono nella crosta superiore (ovvero nei primi 15 km di crosta) – spiega l’esperto – che è la più fragile e quindi produce terremoti. Essendo così superficiale, questo terremoto porta i maggiori scuotimenti e danni nelle vicinanze dell’epicentro, mentre la propagazione a maggiori distanze dell’energia rilasciata è minore rispetto a un terremoto che si origina a profondità maggiori». Le prime rilevazioni avevano individuato l’ipocentro a una profondità di circa 18 chilometri, ma quelle successive hanno ridimensionato: 10 chilometri. Il sisma è stato avvertito anche nei Paesi vicini, come Spagna e Portogallo, ma Chiarabba esclude del tutto che vi sia un collegamento con i terremoti in Italia nella zona dei Campi Flegrei.

Un Mediterraneo sempre più sismico?

Non c’è motivo per cui questi sismi possano essere collegati. L’unico legame è temporale: a volte degli eventi si verificano a poco tempo l’uno dall’altro e questo fa pensare che siano collegati, ma non lo sono». Che il tutto dipenda da un aumento del rischio sismico dell’area Mediterranea? «Pensando al sisma in Turchia di febbraio può sembrare che ci sia una maggiore attività nel Mediterraneo. Ma sappiamo che il Mediterraneo è circondato da strutture e faglie importanti: in tutta la zona tra l’Est Anatolia, quella interessata dal terremoto di febbraio, fino a tutta la placca africana c’è una faglia, quella del Mar Morto, molto importante che ha provocato terremoti devastanti. E anche tutto il bacino del Mediterraneo meridionale, dal Marocco all’Algeria, ha una grande storia sismica. Per cui quella che oggi può sembrare una sospetta concentrazione di eventi dipende in realtà dal fatto che questi eventi, se avvengono in zone non troppo lontane e in tempi vicini, possono far pensare a una correlazione tra di loro. Che però noi sismologi non riteniamo fondata», conclude Chiarabba.

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