«I Maneskin sono l’ultima grande rock band?». L’inquieta incoronazione del gruppo italiano sul New York Times

Un lungo articolo ripercorre le date di Roma e Milano dell’ultimo tour della band, e giunge a un’amara conclusione

«La più grande rock band italiana di tutti i tempi». Così Dan Brooks, in un lungo articolo sul New York Times incorona i Maneskin, tutelandosi con un «quasi certamente» che non scalfisce il successo della band proprio oggi vincitrice dell’MTV Award per la categoria Best Rock. Il titolo dell’articolo, però, non è questo, bensì una domanda: «Is Maneskin the Last Rock Band?». Brooks si interroga e ripercorre l’ultimo minitour italiano della band romana facendo agognare al lettore la risposta alla domanda. Si legge della fama di Damiano, Victoria, Ethan e Thomas, e del loro trionfale ritorno a Roma nel pieno dell’ondata di calore più intensa dell’estate che sta per concludersi. Erano in 60 mila ad attenderli al Circo Massimo, nella Città Eterna dove «i motorini volano davvero ovunque e il traffico sembra regolato dal principio che chiunque può essere sostituito».


La città dove volano i motorini

Il giornalista ricorda quando «Damiano David – il cantante della band, all’età di 24 anni, il membro più anziano – si è presentato con pantaloni neri a zampa d’elefante e un top a rete che gli tagliava in due il busto in diagonale, la sua fronte pesante e i lineamenti ipersimmetrici lo facevano sembrare un nomade futuristico che cacciava il mammut con la rete», continua Brooks che tra la data di Roma e quella di Milano ha avuto anche la possibilità di sedere a cena con il quartetto. Si passa quindi alla data di San Siro, dove il caldo record è stato sostituito dai fulmini nel cielo. Brooks parla con alcune ragazze del fan club, che amano i Maneskin perché danno loro «la forza di essere sé stesse». C’è il glam, ci sono i pantaloni a zampa, i top a rete, la libertà, la ribellione e i riferimenti sessuali nella sensazione descritta da quelle ragazze.


L’adolescenza permanente del rock

«Qui sta l’elemento del rock che funziona indipendentemente dall’economia dell’industria o dalle mutevoli preferenze dei critici, la parte che forse è indipendente dal tempo stesso: l’esperienza continuamente rinnovata dell’adolescenza, di ascoltare e quindi sentire tutto per la prima volta», scrive Brooks. E aggiunge che la sensazione del rock è quella di «sfida al consenso». I Maneskin piacciono, spiega il giornalista, perché sono l’espressione momentanea di un tipo di musica che un’intera fascia di popolazione conosce solo da Spotify, tutta insieme come un «artefatto storico», nonostante il rock sia passato attraverso decenni di evoluzione. Portano il rock a chi non ha visto gli anni d’oro del genere e «non è congelato in qualsiasi fosse l’era musicale in corso negli anni della propria adolescenza». Lo fanno, però, in un momento in cui – classifiche alla mano non esprime un primo posto nella Billboard da How You Remind Me dei Nickeback nel 2001 – «il rock potrebbe aver già esalato il suo ultimo respiro».

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