Covid, lo studio rivela: «Il contagio in Val Seriana è stato favorito dai geni dell’Uomo di Neanderthal»

I risultati, frutto del lavoro dei ricercatori dell’Istituto Mario Negri, sono stati presentati oggi in un convegno ospitato dalla Regione Lombardia

Esisterebbe un legame tra la diffusione del Covid in Val Seriana e alcuni geni che risalgono all’Uomo di Neanderthal. È quanto emerge dallo studio di popolazione condotto per due anni dai ricercatori dell’Istituto Mario Negri, presentato oggi nel corso di un convegno ospitato dal Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, come riporta il Corriere della Sera. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista iScience, e si è focalizzata sulla provincia di Bergamo, epicentro della pandemia: in quell’area, i residenti con una particolare regione del genoma umano erano più esposti al rischio di essere contagiati, e di ammalarsi in forma grave. A partecipare sono state, nello specifico, 9.733 persone di Bergamo e provincia. Da questo ampio campione sono stati poi selezionati 1.200 individui, tutti nati in zona, divisi in tre gruppi omogenei per caratteristiche e fattori di rischio. Ed è emerso che coloro che avevano superato una forma grave di malattia avevano più frequentemente parenti di primo grado morti per il virus: questo ha denunciato l’influenza della genetica sulla gravità della malattia. Successivamente, i campioni di Dna sono stati analizzati mediante un Dna microarray, una tecnologia in grado di leggere centinaia di migliaia di variazioni (polimorfismi) su tutto il genoma.


«Un eccesso di risposta immune»

«I risultati dello studio – ha spiegato Marina Noris, Responsabile del Centro di genomica umana dell’Istituto Mario Negri, secondo quanto riporta ancora il Corriere – dimostrano che chi è stato esposto al virus ed è portatore dell’aplotipo di Neanderthal aveva più del doppio del rischio di sviluppare Covid grave (polmonite), quasi tre volte in più il rischio di aver bisogno di terapia intensiva e un rischio ancora maggiore di aver bisogno di ventilazione meccanica rispetto ai soggetti che non hanno questo aplotipo». Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, ha commentato: «La cosa sensazionale è che 3 dei 6 geni che si associano a questo rischio sono arrivati alla popolazione moderna dai Neanderthal, in particolare dal genoma di Vindija che risale a 50 mila anni fa ed è stato trovato in Croazia. Una volta forse proteggeva i Neanderthal dalle infezioni, adesso però causa un eccesso di risposta immune che non solo non ci protegge ma ci espone a una malattia più severa. Le vittime del cromosoma di Neanderthal nel mondo sono forse 1 milione e potrebbero essere proprio quelle che, in assenza di altre cause, muoiono per una predisposizione genetica».


«Informazioni eccezionali»

L’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso ha definito queste informazioni «in prima battuta davvero eccezionali», ed ha affermato che «è un privilegio avere in anteprima notizie di carattere mondiale». «Potremmo avere in futuro strumenti per proteggere categorie più a rischio, come appunto chi viene da Neanderthal. La ricerca ci permette di potere programmare. Il fascino dei nostri tempi è quello di avere, grazie alla genetica, risposte che mai nessuno è riuscito a raggiungere», ha aggiunto. L’entusiasmo risuona anche nelle parole del presidente della Regione Attilio Fontana: «Lo studio apre una via interessante per meglio conoscere il Covid, anche se non dà risposte definitive. Con Remuzzi mi sono confrontato tante volte, mi disse che stava conducendo studi e ricerche che evidenziava la presenza di undici malati già nel 2019 e la componente genetica. Ho aderito alle sue proposte con entusiasmo, e lo studio ora ci dice cose importanti». «È un passo importante per capire cos’è accaduto e interpretare ciò che potrà succedere in futuro», ha concluso Fontana.

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