Kosovo, ucciso un agente di polizia nel Nord del Paese. La condanna del serbo Vucic, che però rilancia: «Non riconosceremo mai l’indipendenza»

Le forze di Pristina sono riuscite a riprendere il controllo del monastero di Banjska, dove si era asserragliata una banda di circa 30 uomini armati

Sembrano terminati i combattimenti che da ieri, 23 settembre, sono scoppiati a Banjska, nel Nord del Kosovo. È qui che una banda armata, composta da circa 30 uomini, si è resa responsabile dell’omicidio di un agente di polizia. Poi, il commando si è asserragliato in un monastero dove si trovava anche un gruppo di pellegrini serbi e un abate. Le autorità di Pristina hanno accusato la Serbia di aver alimentato gli scontri. Belgrado, a sua volta, ha imputato al presidente kosovaro Albin Kurti di essere «l’unico colpevole». Parole pronunciate direttamente dal presidente serbo Aleksandar Vucic: «È lui che vuole il conflitto e la guerra. L’unico desiderio che ha è trascinarci in un conflitto con la Nato». Sono almeno tre i cittadini della Serbia che sono stati uccisi nell’operazione che ha consentito a Pristina di riprendere il controllo del monastero. Ci sarebbero feriti su entrambi i fronti. Per Vucic, la tensione scoppiata nel Nord del Paese è stata l’assist per ribadire un concetto: «Mai riconosceremo un Kosovo indipendente. Ci potete fare qualsiasi cosa, ma la Serbia non riconoscerà mai un Kosovo indipendente». Con tono sprezzante rivolte all’Occidente, Vucic ha definito il Kosovo indipendente una «creatura orribile da voi prodotta con il bombardamento della Serbia e con tutte le menzogne possibili». La Serbia, ha concluso, è sempre pronta a negoziare, ma «il riconoscimento del Kosovo ve lo potete scordare».


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