Se c’è un evento politico che più di tutti ha segnato la parabola di Giorgio Napolitano agli occhi degli italiani, per lo meno negli anni della sua permanenza al Quirinale, questo è certamente la “deposizione” di Silvio Berlusconi e l’insediamento del governo tecnico guidato da Mario Monti. Era l’autunno del 2011, e mentre il leader di Forza Italia era dedito a parare i colpi della bufera mediatica per i suoi bunga bunga l’Italia era preda di una tempesta finanziaria terribile, che minacciava la stabilità del sistema-Paese. Cosa fu dunque quell’uno-due “caldeggiato” dal Colle da Napolitano? Un colpo di genio che valse all’Italia la salvezza dal default, come sembrò nell’immediato e a molti tuttora, o un “golpe bianco” in barba alle regole della Costituzione, come accusarono più tardi da più parti molti suoi detrattori? A ognuno il suo parere, ma se non altro, ora che Napolitano non c’è più, vale la pena sfatare un mito di grande successo: quello che Berlusconi subì l’addio a Palazzo Chigi come un affronto politico o personale. «La sera in cui Berlusconi lasciò il Quirinale, dopo aver dato le dimissioni da presidente del Consiglio, molti mi riferirono che era sollevato», rivela oggi in un’intervista alla Stampa l’ex alleato del Cavaliere Pier Ferdinando Casini. «Si era creato nei giorni precedenti un clima che aveva trasformato la permanenza a palazzo Chigi in un supplizio – ricorda il politico post-democristiano – Davanti ad una terribile crisi finanziaria il presidente Napolitano esercitò la sua efficace moral suasion, che portò alla designazione di Monti. Un governo che in Parlamento, non fu votato dallo Spirito Santo, ma da un’ampia maggioranza».
Tempo di riporre nei cassetti ogni teorema di un presunto golpe, dunque, chiede a Casini Fabio Martini? «Questa definizione appartiene alla modestia della politica italiana. Ad un certo punto, quando si è in difficoltà, si costruiscono dei fantasmi, in modo che per gli altri diventi poi difficile fare i conti con le tue inadeguatezze. Ricostruire a posteriori la storia ha un alto grado di fallacia, ma in questo caso fu subito tutto chiaro». La storia del golpe, insomma, venne fatta circolare quando il governo Monti era ormai a fine corsa e si avvicinavano le nuove elezioni politiche – quelle del febbraio 2013 – per una ragione ben precisa, ricostruisce Casini: «Aiutò la campagna elettorale del centrodestra, per evitare che la Lista Monti e il Pd avessero chissà quale affermazione. E alla fine il centrodestra ottenne qualche piccola soddisfazione. Chi pagò maggiormente l’appoggio politico al governo Monti fu il centrosinistra». Ma la riprova che a non credere minimamente al colpo di mano del Quirinale fosse per primo Berlusconi arrivò già poche settimane dopo, quando Berlusconi accordò il pieno sostegno di Forza Italia alla rielezione al Colle dello stesso Napolitano. Poco di che stupirsi, chiosa Casini ricordando il fu Caimano: «Berlusconi era anche quello che, quando entrava in campagna elettorale, si costruiva una sua narrazione».
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