Carlotta Bertotti, la modella e influencer racconta la sua malattia: «Il nevo di Ota macchia il mio viso ma mi piace molto»

Ha avuto un tumore a 12 anni. Oggi ha recuperato la paralisi al volto al 90%

Carlotta Bertotti è una modella e influencer di Torino. Ha scritto un libro che si chiama Incancellabile e in cui parla della sua malattia. Ovvero il Nevo di Ota, una malattia benigna della pelle che si manifesta con una macchia di colore grigio blu sul suo viso. Per anni Bertotti ha cancellato la macchia con il trucco. Poi ha deciso di non farlo più. «Era l’anno della maturità, il 2018. Durante la gita scolastica a Valencia. Mi ero fatta un piano, doveva accadere durante il primo giorno. Ma mi ero anche lasciata la possibilità, all’ultimo, di cambiare idea», racconta oggi in un’intervista all’edizione torinese del Corriere della Sera.


La generazione Z

Carlotta racconta che a Valencia ebbe un momento di panico: «Fu quando una compagna voleva fare una foto di classe. Avevo deciso di preparare un post preciso per comunicarlo al mondo. In quella foto, io non ci sono». Il mondo digitale, spiega nel colloquio con Francesca Angeleri, «riguarda molto la cosiddetta Generazione Z. Da un lato non hai un confronto personale, dall’altro hai un’esistenza, un’identità online. In quel periodo, avevo una grande mania del controllo, quella foto esulava da ciò che avevo in mente e andai in tilt. Il 12 agosto, qualche mese dopo, mi ristruccai in Sicilia, davanti ai miei amici del mare. Uno di loro mi disse: “Io lo so da sempre”. Quando tornai a Torino mi esposi senza trucco». Poi ha firmato con la One Shot: «Dopo essermi struccata, mi contattò Brock Elbank, un fotografo noto per il suo progetto creativo rivoluzionario in cui ritrae soggetti unici, fuori dai canoni convenzionali».


Il nevo di Ota

La modella spiega che il Nevo di Ota è «un’iper pigmentazione benigna del derma e delle parti oculari. Una di quelle cose che, in sede di esame dermatologico, si saltano, tanto sono rare. Se ne trovano di più nelle regioni asiatiche, in Italia i casi sono pochissimi e non estesi come il mio». E dice che non potrebbe vedersi senza la sua macchia ormai: «Se prima non riuscivo a specchiarmi, oggi non faccio altro che guardarla perché mi piace molto esteticamente». Ma nel libro racconta anche del tumore avuto a 12 anni: «Eravamo al mare e io non facevo il bagno, credevo di avere l’otite. Ma era da tempo che avevo dei disturbi, la pediatra sosteneva che avessi un’anoressia nervosa. Mia nonna, che è una donna forte e decisionista, mi porta da lui. Che, non so dire come abbia fatto senza neppure una risonanza, capisce immediatamente che ho un tumore alla testa e me lo dice».

Il tumore alla testa

Carlotta dice che il dottore è stato «un po’ brutale… ma aveva ragione. Sono stata operata al Cto. Il problema non era il cancro, che era benigno, ma la sua posizione. Poco tempo prima una ragazza era stata operata dello stesso mio caso ed era rimasta completamente in uno stato vegetativo». Poi ha fatto «tanta fisioterapia, logopedia. Ho recuperato la paralisi al volto al 90% ma, se guardi bene, un po’ la vedi». Adesso ha la sensazione di essersi tolta una maschera: «Sono passati dieci anni, sentivo l’esigenza di dirlo. Soprattutto per infrangere quel tabù che c’è sulla malattia. Qualcuno magari trarrà forza dalla mia esperienza. Prima di scrivere, ho chiamato il mio psicologo per dirgli che ero stufa di scheletri nell’armadio. Stufa anche di sentirmi prigioniera di un sistema per cui, se dici o fai una cosa, stai compiendo un’azione di marketing e basta».

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