Giulio Tremonti: «Non c’è un grande complotto ma c’è un grande debito. No ai tecnici»

L’ex ministro dell’Economia: il problema monstre resta il debito italiano

Non c’è un grande complotto contro il governo Meloni. Ma c’è un grande debito. Lo dice l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti in un’intervista al Corriere della Sera. Nel colloquio con Marco Cremonesi l’attuale presidente della Commissione Esteri della Camera corregge il tiro dell’esecutivo sulla Germania: «Non c’è un grande complotto, c’è un grande debito. Tra l’altro, per certi versi la guerra ha prodotto effetti di stabilizzazione: dubito che una grande speculazione internazionale sia organizzata contro un Paese occidentale. Anzi, per quanto ne so, lo escludere». Secondo Tremonti siamo alla fine di un ciclo. «Oggi- osserva – il problema non è se è alto o basso lo spread, ma il debito. Possiamo pure notare che lo spread, riferito al tasso tedesco, aveva più senso quando la Germania andava bene. Ma il problema resta il monstre del debito italiano».


Il governo tecnico

E la soluzione, secondo Tremonti, «certo non è un governo tecnico». E questo perché «questo governo viene dopo un decennio di finanza scriteriata sia per ciò che è stato fatto che per ciò che non è stato fatto. Vuol dire che questo governo ha oggi enormi responsabilità. Ma sono convinto che avendo una grande forza parlamentare, abbia la possibilità di esprimere le politiche necessarie», conclude. Secondo Tremonti la crisi del 2008 non è stata superata. «È stata semplicemente rinviata stampando moneta, passando dai billion ai trillion, finanziando con la Bce i debiti pubblici e andando contro le leggi di natura con i tassi sotto zero. Karl Marx diceva: i tassi a zero saranno la fine del capitalismo. E a volte ci prendeva. Fatto sta che inizia l’età felice dei Letta, Renzi, Gentiloni. Che galleggiano senza porsi il problema di risanare».


Le colpe

Secondo Tremonti ha delle colpe anche Giuseppe Conte: «Il suo governo arriva a ridosso della crisi del Covid, che modifica lo scenario dappertutto: crolla il Pil, sale per necessità la spesa pubblica. Con l’aggiunta di scelte come l’abolizione della povertà e i bonus per l’edilizia, che oggi si presentano più come malus: prima effetto positivo sul Pil, poi effetto negativo per le decine di miliardi di deficit. E con alcune complicazioni di cui si parla poco…». Come per esempio «l’impatto delle garanzie di Stato Covid alle imprese. Con l’economia che frena e i tassi che salgono, questa è una negatività che va messa in conto e va in qualche modo prevista. Quanto vale? 300 miliardi? Metti che sia anche soltanto 30 o 40… E non dimentichiamo che il Pnrr non è tutto a fondo perduto. E prevede investimenti che non ripagano il debito».

Leggi anche: