I pianti e l’abbraccio: perché Monia Bortolotti è accusata di aver ucciso i suoi bambini Mattia e Alice

L’ordinanza di custodia cautelare: il primo decesso, i sospetti dopo il secondo, la frustrazione e l’«azione volontaria»

«È evidente che ho sbagliato io tutto in tutto». In uno dei post su Facebook Monia Bortolotti parlava così dopo la morte di Alice e Mattia a quasi un anno di distanza. 27 anni, nata a Calcutta e adottata da una famiglia della provincia di Bergamo, viveva a Pedrengo in Val Seriana, oggi in carcere con l’accusa di aver ucciso i suoi figli. Nelle 200 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla Gip Federica Gaudino si descrive la donna come lucida. E in quei post stava ponendo le basi per una difesa. Secondo la pubblica ministera Maria Esposito non sopportava i pianti dei bambini. Il compagno Cristian Zorzi, 52 anni, è tornato nella casa di famiglia. Lei è tornata a Gazzaniga dai genitori adottivi. In casa ora vive il padre Pietro, la madre Laura Brena se ne è andata.


L’indagine

La storia dell’indagine comincia il 15 novembre 2021. La morte di Alice viene archiviata come decesso in culla. Anche se Bortolotti spiega di aver fatto addormentare la figlia dopo averle dato il latte e di un rigurgito letale. Successivamente scriverà: «La colpa è mia per averla messa a dormire di lato sui suoi cuscinotti tanto morbidi». Il 27 agosto 2022 nasce Mattia. Viene concepito subito dopo la morte di Alice. Il 14 settembre viene ricoverato. Il 17 ottobre esce dall’ospedale. Otto giorni dopo muore anche lui. È la seconda volta che Monia rimane sola con il bambino, proprio perché uno psichiatra ha consigliato al padre di non lasciarla mai sola con lui. Il primo ricovero va così: al mattino la visita dal pediatra. Di pomeriggio la chiamata di Monia a Zorzi: sostiene che il bimbo sia andato in apnea durante una poppata.


Alice e Mattia

Durante il mese in ospedale viene sottoposto a esami. Sono tutti negativi. Quando muore Mattia lei dice che si era addormentata mentre lo cullava. A quel punto arriva la fine della storia con Cristian. E i suoi sospetti sono il punto di partenza dell’indagine dei carabinieri. Il Corriere della Sera ricorda che quello di Cristian con Monia detta “Mia” Bortolotti era un rapporto nato nella scuola Baila Conmigo, dove lui faceva l’istruttore di balli caraibici. Lei aveva studiato psicologia all’università senza laurearsi. Era molto legata al padre Pietro e alla sua nuova compagna. A Gazzaniga era tornata a fine agosto dopo un periodo in una clinica di Verona. I post su Facebook invece Mia li ha scritti nel gruppo Sids Awareness, dedicato ai morti in culla.

L’abbraccio letale

La Stampa dice che dopo il primo ricovero di Mattia l’esperto aveva escluso che Mia Bortolotti fosse affetta da qualche patologia psichica. Anche le indagini dei carabinieri di Bergamo, diretti dal maggiore Carmelo Beringheli, lo confermano. Ma proprio a causa dello stress che lo psichiatra avrebbe consigliato di evitare di lasciarla da sola col bambino. Così il compagno, Cristian, e il padre adottivo della 27enne con la sua compagna, facevano i turni per starle sempre accanto. È capitato neanche una settimana dopo le dimissioni dall’ospedale e il ritorno a casa di Monia. L’unica volta in cui era rimasta sola con Mattia erano le 9 del mattino del 25 ottobre 2022. Ovvero il giorno in cui il piccolo è morto. Secondo l’accusa in quanto stretto in un «abbraccio letale» dalla madre.

Un’azione volontaria

La procura di Bergamo ha fatto riesumare la salma di Alice, che si trovava nel cimitero di Pedrengo. Proprio per cercare le tracce del soffocamento anche nell’altra bambina. Ma un pregresso danneggiamento della bara non ha consentito la conservazione del cadavere. Per questo l’esame successivo non aveva restituito risultati utilizzabili. A quel punto l’indagine è continuata attraverso gli interrogatori di medici, parenti e amici della donna. Sempre alla ricerca di indizi per dimostrare che l’azione della madre era stata volontaria e non un incidente. Per questo gli inquirenti scrivono che la causa degli omicidi risiederebbe «nell’incapacità della madre di reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei bambini». Per questo gli inquirenti ritengono che «abbia agito nella piena capacità di intendere e di volere, apparendo lucida, ben orientata, con grande capacità di linguaggio, razionalizzazione e freddezza, caratteristiche palesate, tra l’altro, nell’organizzazione della propria difesa, dopo aver scoperto di essere sospettata dei due infanticidi».

Il padre Cristian Zorzi

Il Resto del Carlino riporta anche una frase del padre di Mattia e Alice. Cristian Zorzi al citofono di casa sua dice di non aver «niente da dire. Questa è la mia affermazione e lo sarà per altre 100 mila volte. Buon lavoro». Le parole di Mia Bortolotti invece restano sui social network. Venti giorni prima dell’arresto scriveva: «Avendo avuto una mamma aggressiva psicologicamente, non riesco a concepire nemmeno la violenza verbale, tanto meno quella fisica, su nessun essere vivente, tanto meno i miei bambini!».

Foto copertina da: La Stampa, Corriere della Sera

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