Monia Bortolotti torna in carcere, il gip nega i domiciliari alla mamma accusata di due infanticidi. Il vocale all’amica: «Avevo bisogno di aiuto»

Secondo il gip ci sarebbe il rischio che in caso di gravidanza la donna possa commettere un nuovo infanticidio

Avrebbe ucciso sua figlia di 4 mesi, Alice, e l’anno dopo suo figlio Matteo, due anni. Ma per il gip c’è il pericolo che la ventisettenne Monia Bortolotti, arrestata sabato nella Bergamasca, possa commettere un nuovo infanticidio nel caso in cui rimanga nuovamente incinta: per questo il giudice Federico Gaudino ha convalidato l’arresto, respingendo le richieste della difesa che puntava all’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare e all’ottenimento degli arresti domiciliari. In un messaggio vocale inviato a un’amica e diffuso oggi dal programma Pomeriggio Cinque, la donna raccontava: «È molto difficile gestire il tutto per tanti motivi, è difficile soprattutto gestire il senso di totale fallimento che è stata la mia vita di mamma. Con questo ci devo fare i conti tutti i giorni, tutte le mattine. Però, va beh, un passettino per volta, una cosa per volta e basta, altrimenti veramente anneghiamo nel dolore, nel dispiacere e non è proprio il caso quindi ci si rimbocca le maniche e si lavora».


Nel messaggio che risale al periodo successivo alla morte del secondo figlio, la donna aggiungeva: «Io vado avanti, con molta fatica ma vado avanti, dopo la scomparsa anche di Mattia sono crollata completamente, quindi avevo proprio bisogno di un aiuto in più, un aiuto esterno». Prima dell’arresto, sui suoi profili social, la donna si era sempre difesa, parlando di eventi accidentali all’origine della morte dei suoi due figli. Versione che aveva ribadito al cospetto dei carabinieri. Ma gli inquirenti la ritengono responsabile, e nella corposa ordinanza di 200 pagine che ha portato all’arresto inseriscono anche un possibile movente: «l’incapacità della madre di reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei bambini». Un senso di inadeguatezza che sarebbe stato noto a tutta la famiglia, dunque, e non una patologia psichica.


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