Israele: «Hamas ha perso il controllo del nord di Gaza». Netanyahu ribadisce: «Senza la liberazione degli ostaggi non ci sarà nessun cessate il fuoco»

Egitto e Qatar lavorano per una tregua umanitaria nell’enclave palestinese in cambio degli ostaggi

Hamas ha perso il controllo del nord di Gaza. Lo ha reso noto il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, in una dichiarazione televisiva. «Abbiamo visto 50mila abitanti di Gaza spostarsi dal nord della Striscia di Gaza al sud. Si stanno muovendo perché capiscono che Hamas ha perso il controllo nel nord – ha affermato, citato dal Guardian – e continua a perderlo». Le forze israeliane «continuano ad intensificare l’attacco» contro Gaza City e «hanno causato danni significativi alle forze aeree e navali di Hamas», ha concluso Hagari. Nel frattempo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che «senza la liberazione degli ostaggi non ci sarà nessun cessate il fuoco», ha detto il primo ministro, mentre si moltiplicano le voci su un accordo per una pausa umanitaria in cambio del rilascio di alcuni ostaggi. «Voglio mettere da parte tutte le voci inutili che sentiamo da tutte le direzioni e ripetere una cosa chiara: non ci sarà cessate il fuoco senza il rilascio dei nostri prigionieri», ha affermato Netanyahu. Il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, in un briefing con la stampa ha fatto sapere che gli Usa «non hanno prove che gli ostaggi in mano ad Hamas, compresi i cittadini statunitensi, siano ancora in vita», ha detto Kirby, sottolineando che «potrebbe essere necessaria più di una pausa umanitaria per farli uscire tutti».


L’accordo per una pausa umanitaria

L’Egitto sarebbe vicino al raggiungimento di un accordo «per una pausa umanitaria e per il rilascio degli ostaggi». Lo riporta Hareetz, citando fonti egiziane e palestinesi. «Abbiamo fatto molta strada. Non abbiamo ancora raggiunto il traguardo, ma a differenza dei colloqui precedenti, c’è ottimismo», ha detto una fonte al quotidiano israeliano, che ha descritto i negoziati come «intensi». Mentre un altro funzionario a conoscenza dei dettagli si è detto fiducioso sulla riuscita del negoziato: «Speriamo che giovedì si verifichi uno sviluppo», riporta il media. Secondo Al Jazeera, i Paesi Arabi, dunque, compreso il Qatar starebbe mediando tra Israele e Hamas per il potenziale rilascio di 10-15 prigionieri in cambio di un breve cessate il fuoco. Nel frattempo, una fonte vicina ad Hamas conferma le trattative in corso per liberare 12 ostaggi, tra cui 6 americani, in cambio di tre giorni di tregua.


Guerra permanente

L’obiettivo del massacro del 7 ottobre da parte di Hamas era stravolgere gli equilibri in Medio Oriente, puntando di fatto a uno stato di «guerra permanente». Al New York Times un alto dirigente del gruppo terroristico palestinese, Khalil al-Hayya, ha così spiegato da Doha le ragioni dietro l’attacco nel Sud di Israele. Atto necessario per «cambiare l’intera equazione e non solo avere uno scontro. Siamo riusciti a rimettere sul tavolo la questione palestinese – dice al-Hayya – e ora nessuno nella regione è più tranquillo». Al quotidiano statunitense ha parlato anche il consigliere per i media di Hamas, Taher El-Nounou, che ha aggiunto: «Spero che lo stato di guerra con Israele diventi permanente su tutti i confini e che il mondo arabo sia al nostro fianco». Al-Hayya spiega poi che i vertici di Hamas avevano previsto la reazione dura di Israele: «Ciò che poteva cambiare l’equazione era un grande atto e, senza dubbio, si sapeva che la reazione a questo grande atto sarebbe stata grande. Ma dovevamo dire alla gente che la causa palestinese non sarebbe morta».

Il sostegno del G7

Nel trantaduesimo giorno di combattimenti nella Striscia di Gaza, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso e la reazione di Israele, il governo di Netanyahu incassa il sostegno del G7 dei ministri egli Esteri riuniti a Tokyo sul «diritto alla difesa» del popolo israeliano ma nel rispetto delle norme internazionali, e la condanna delle azioni di Hamas. Un riconoscimento che arriva due giorni dopo la telefonata tra il presidente Biden e il premier israeliano, in cui leader statunitense ha chiesto al suo alleato di non occupare militarmente la Striscia di Gaza e la sospensione dei combattimenti per tre giorni per favorire gli aiuti umanitari, incontrando però le resistenze di Netanyahu. Intanto sul campo il conflitto rimane caldo, con l’esercito israeliano che ha circondato Gaza City e diviso in due settori la Striscia. I portavoce militari di Tel Aviv hanno anche confermato di aver colpito numerosi obiettivi di Hezbollah in Libano nelle ultime ore, per «rispondere al fuoco» nemico e intercettare un «obiettivo aereo sospetto». L’esercito israeliano ha anche dichiarato di aver eliminato il capo delle produzioni di armi di Hamas, Mohsen Abu Zin, con un attacco aereo mirato.

Il documento del G7

Al G7 di Tokyo, in Giappone, i ministri degli Esteri hanno trovato l’accordo per firmare un documento comune sul conflitto tra Israele e Hamas. I leader internazionali hanno trovato la quadra introno alla ferma condanna degli attacchi terroristici di Hamas e altri in tutto Israele iniziati il 7 ottobre 2023, nonché gli attacchi missilistici in corso contro Israele, ribadendo il suo «diritto alla difesa», pur «in conformità con il diritto internazionale nel tentativo di prevenire che ciò si ripeta». I membri del G7 dichiarano di voler fare pressioni sugli altri attori regionali e non per impedire che il conflitto si allarghi, e per tagliare i fondi ad Hamas, imponendo sanzioni e altre misure. Nel documento c’è anche spazio per la condanna della «inaccettabile» violenza dei coloni contro la popolazione palestinese: «Mina la sicurezza in Cisgiordania e minaccia le prospettive di una pace duratura». Per i leader, la soluzione di due popoli-due Stati è ancora percorribile e la più sostenibile nel lungo periodo per assicurare la pace: «Rimane l’unica via verso una pace giusta, duratura e sicura». Infine, viene sottolineata la «necessità di un’azione urgente per affrontare il deterioramento della crisi umanitaria a Gaza» e per garantire gli aiuti umanitari per la popolazione della Striscia: «Tutte le parti devono consentire il libero sostegno umanitario ai civili, compresi cibo, acqua, assistenza medica, carburante e alloggio, nonché l’accesso agli operatori umanitari. Sosteniamo le pause e i corridoi umanitari per facilitare l’assistenza urgentemente necessaria, il movimento dei civili e il rilascio degli ostaggi. Anche gli stranieri devono poter continuare a partire».

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