«Contagiati con l’epatite C durante la chemio»: la denuncia di cinque pazienti all’Asl di Roma

Le persone in cura all’ospedale di Tivoli hanno dovuto interrompere i trattamenti antitumorali e assumere potenti antivirali: «Uno choc»

Cinque pazienti oncologici dell’ospedale di Tivoli hanno fatto causa all’Asl di Roma poiché ritengono di essere stati «contagiati da epatite C durante le sedute di chemioterapia». Le infezioni sarebbero avvenute, scrive il Messaggero, nell’arco di tre mesi, da novembre 2022 a gennaio 2023. I 5, di età compresa tra i 40 e i 55, non si conoscevano tra di loro. Una volta scoperto di aver avuto la stessa esperienza hanno deciso di rivolgersi tutti insieme a un legale. «C’è da sottolineare – dice l’avvocato Ciavarella al quotidiano romano – che tutti e cinque, come da protocollo, si sono sottoposti alle analisi ematochimiche di routine in vista dell’avvio della chemioterapia. Ogni esame Hiv o relativo all’antigene dell’epatite è risultato negativo. Il contagio è emerso quando, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, sono stati sottoposti ad un controllo fatto fare loro sul presupposto che la Regione Lazio avesse richiesto uno screening», sottolinea il legale che non esclude, inoltre, ci possano essere altri casi: «Da quanto appreso informalmente dai miei clienti si tratterebbe di un numero di pazienti non inferiore a venti». 


L’interruzione delle cure antitumorali

I pazienti hanno così dovuto interrompere le cure antitumorali e assumere potentI antivirali per curare l’epatite C. «Oltre a dover affrontare un cancro che ti stravolgere la vita, ci si aggiunge un danno del genere che ci porteremo a vita e che ad oggi non sappiamo neanche come evolverà, essendo già soggetti a rischio. Uno choc apprendere che avremmo dovuto interrompere la terapia antitumorale per curare l’epatite C. Si ha paura di non reggere, di non avere abbastanza tempo», ha detto uno dei pazienti. Sarà ora la magistratura a stabilire con perizie e opportune indagini se ci sia un nesso di causalità tra le cure chemioterapiche e il contagio. 


Ad oggi – spiega il legale dei cinque – «la Asl Roma 5 non si è adoperata con la dovuta solerzia, al punto di omettere finanche l’apertura del sinistro per due dei cinque contagiati. Ho trovato intollerabile – continua – il contegno tenuto dopo il ricevimento della missiva di richiesta danni. Nel caso di specie, infatti, ci sono gli estremi per ottenere anche un indennizzo in base all’articolo 1 della legge 210 del 1992, emanata per i danneggiati in modo irreversibile da vaccinazioni, trasfusioni e somministrazione di emoderivati. Per questo la comunicazione è stata inviata al ministero della Salute ed alla Regione, ma non si sono avuti riscontri fattivi. 

I controlli all’interno dell’ospedale

Nel frattempo, nel mese di febbraio ci sarebbero state numerose ispezioni – oltre ai controlli dei Nas – all’interno della struttura ospedaliera. L’Asl non commenta: «Lo faremo se dovessero esserci novità», fanno sapere. Al momento però le indagini interne non sono riuscite a risalire alla causa: «Tutto negativo – spiega Dimitri Cecchinelli, segretario territoriale Cisl Fp della Asl Roma 5 -.  L’azienda ha avviato la procedura prevista, tramite risk manager, per verificare se nelle attività emergessero criticità particolari, ma nulla. E niente anche dalle verifiche degli investigatori specializzati. Tutto il materiale utilizzato è monouso e, al momento, non è stato trovato nulla che potesse ricollegare al contagio». E sarebbe stata fatta inoltre, aggiunge il sindacalista, «un’opera di bonifica generale con la sostituzione totale di tutto il materiale e la strumentazione. Mentre le verifiche sono ancora in corso come è giusto che sia». 

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