Segregata per due anni in un maneggio a Cesano, il racconto: «Violentata e picchiata dal mio ex e dal cugino»

La 21enne è riuscita a scappare dagli aguzzini: l’ex compagno è stato condannato per violenza sessuale, sequestro di persona e maltrattamenti

È riuscita a scappare dalla stanza dove è stata segregata dal suo ex fidanzato e dal cugino, i suoi aguzzini, dopo due anni. Due anni di violenze e abusi, due anni vissuti nella paura fino all’ultimo tentativo di fuga andato a buon fine. Così la 21enne originaria della Germania ha raccontato ai giudici quello che ha subito dal suo arrivo in Italia con quello che allora era il suo fidanzato, Roze, 31enne originario del Pakistan. «Roze è cattivo», ripeteva la madre alla giovane. «Le cose non andavano sempre bene. Mi picchiava. Ma io ero innamorata. Ero scappata dalla mia famiglia», spiega ora la 21enne. Come riporta il Corriere della Sera, Roze è stato condannato a sei anni in via definitiva per violenza sessuale, sequestro di persona e maltrattamenti, mentre suo cugino Yasir Imran, 36 anni, è sotto processo per gli stessi reati davanti alla prima sezione penale.


Il racconto

Nel 2019, in macchina, hanno raggiunto l’Italia e sono arrivati a Cesano, in provincia di Roma, dove il cugino di lui lavorava in un maneggio. Qui è iniziato l’incubo. I titolari della struttura hanno offerto loro un appartamento accanto alla loro casa, dove la ragazza ha vissuto insieme ai due cugini. «Era tenuto in cattive condizioni. Noi dormivamo in camera da letto. Imran in cucina. I primi due mesi le cose sono andate bene», ricorda, «una volta Imran è tornato a casa e una volta abbiamo avuto un rapporto. Con il mio fidanzato facevano orari diversi. Roze si è infuriato. Mi ha picchiata. Altre volte mi ha spento le sigarette sulle gambe. Urlavo. Mi chiusero in camera da letto. Imran prendeva le chiavi. Mi si ruppe il cellulare. E Roze si arrabbiava se scrivevo qualcosa sui social. Mi prese anche i documenti». La ragazza prova a scappare diverse volte, ma viene sempre fermata dai due. E continua nel suo racconto: «Mangiavo soltanto la sera. E infatti ho perso peso in Italia. A mamma dicevo che andava tutto bene. Me lei non ci credeva. Cosi al maneggio una volta chiamò l’ambasciata tedesca, sollecitata da mia madre. Ripetei che andava tutto bene. Avevo paura». Poi l’ultima fuga, quella che le ha permesso di tornare libera e ricostruire la propria vita, in Spagna: «La nostra casa era vicina a quella dei proprietari. A loro non dissi niente, perché non capivano il tedesco. Sono fuggita dopo che una sera mi hanno di nuovo violentato. A quel punto ho detto: basta».


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