Lo chef Max Mariola «Sono diventato una star di internet per disperazione» – La videointervista

Lo chef amatissimo sui social, ospite de “La Conferenza Stampa” in onda su Rai Play, racconta a Open il suo successo, la sua passione e la sua visione di cucina

Due milioni di follower su Instagram, quattro milioni su TikTok, oltre 700 mila iscritti su YouTube e un mantra: the sound of love, ovvero il rumore che la pasta fa nella padella quando è stata mantecata alla perfezione. Concetto che lo chef ha espresso espresso in maniera verace durante la sua partecipazione al programma di Rai Play La Conferenza Stampa, dove ha risposto alle domande di 350 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 20 anni. Max è nella sua Roma mentre risponde alle domande che gli abbiamo fatto per conoscerlo meglio, tra persone che lo salutano e chi gli chiede una foto. Con la mente, però, almeno in parte, lo chef volto di Gambero Rosso è a Milano, dove sta per aprire il suo ristorante. Inizialmente sembrava che il locale di Via San Marco, nel cuore di Brera, avrebbe servito i primi commensali a settembre, poi all’Immacolata. Ma ora pare che si dovrà attendere ancora un po’ prima di assaggiare la cotoletta alla milanese preparata da un romano Doc.


Quando apre questo ristorante?


«Bella domanda. Proviamo dopo la befana. Entro metà gennaio dovremmo essere aperti».

Con il locale porti te stesso e la tua romanità a Milano. Trovi che per la tradizione culinaria laziale stia nascendo un interesse che va al di là del trittico carbonara-amatriciana-cacio e pepe?

«C’è stata un’emigrazione veramente forte della cucina romana verso Milano. Quindi sì, è nato un interesse per i carciofi, le puntarelle e altri prodotti tipici di Roma. Però un allargamento a tutta la cucina laziale secondo me non c’è stato. Diciamo che è un interesse che si inserisce tra molti altri. Tra l’altro in non ritengo di avere una cucina romana. Anche se ho due o tre piatti romani nel mio repertorio, ma ci sono dei limiti dati dalla stagione. Credo che d’estate la cucina romana sia abbastanza pesante. In ogni caso, io voglio portare la mia di cucina, evitando gli stereotipi».

Quali?

«Ci sono tanti luoghi comuni. Penso al salmone, ai Gamberi Rossi di Mazara del Vallo, al pistacchio. Roba che ormai si trova dappertutto. Non è un problema, ma non c’è bisogno che sia io a farla».

Pensi che si stia verificando una standardizzazione della cucina italiana che toglie spazio a inventiva e tradizione?

«Quello che sta accadendo sono le mode. Nei menù ci sono sempre più ingredienti che fanno – come diciamo noi a Roma – da “acchiappo” per le persone. Perché oggi le persone si sentono fighe, si sentono appagate, quando mangiano determinate cose. Tutti quanti si sentono di aver fatto un’ottima cena con il gambero rosso, col salmone, con i pistacchi fatti in tutte le maniere. Sono mode lanciate, che poi vengono vengono percorse dai più dando vita a un copia-copia da un ristorante all’altro, dato che quelli sono i piatti che vanno meglio».

Mentre nascevano queste mode, tu sei diventato una star di internet. Com’è successo?

«Per disperazione. Noi abbiamo iniziato un po’ di anni fa nel 2018 con YouTube e Facebook. Facevamo anche Instagram ma era riadattato. I video che preparavamo per altre piattaforme li mettevamo anche là. Da luglio dell’anno scorso invece abbiamo iniziato a fare materiale specifico per Instagram e TikTok ed è cambiato un po’ tutto. Io penso che la ragione del successo sia che io sono un cuoco. Sono 32 anni che sto in mezzo alla cucina e per questo porto dei contenuti che racchiudono quest’esperienza trentennale, al contrario, magari, di quelli che si divertono a cucinare a casa e improvvisano un canale. Poi l’esperienza che ho fatto in tivù con Gambero Rosso Channel, anche se un po’ di nicchia, mi ha dato una grande forza. La differenza è che qui al contrario della televisione sono me stesso al 100%. Mi diverto, gioco, e la gente pure, impara e si diverte».

E mi pare si divertano anche molti ragazzi e ragazze. Quando hai partecipato al programma Rai La Conferenza Stampa erano tantissimi. Che esperienza è stata? Che valori vuoi trasmettere a un pubblico così giovane?

«È stato bellissimo stare coi ragazzi e le ragazze. Hanno fatto domande curiose e ci siamo divertiti. Ciò che vorrei trasmettere è l’importanza della qualità di ciò che mangiamo. Dobbiamo tutti stare attenti a quello che compriamo e quello che mettiamo in bocca. E dobbiamo fare movimento. Siamo quello che mangiamo. L’esempio ce l’abbiamo guardando gli anziani che campano fino a cent’anni. Quelli che si sono mossi e hanno mangiato bene arrivano bene alla vecchiaia. Gli altri spesso si trascinano. Io ogni giorno mi alleno e ogni giorno vado al mercato. Dalla grande distribuzione compro al massimo la carta igienica. Pensa a quanti passaggi in più ci sono per portare la frutta e la verdura su un banco della grade distribuzione piuttosto che su quello di un mercato. E poi nei supermercati vendono sempre le stesse cose tutto l’anno: i soliti cinque pomodori, le solite quattro patate, le solite tre mele».

E in questo aspetto noi italiani siamo particolarmente fortunati…

«Siamo un Paese ricchissimo a livello di prodotti alimentari. Grazie al nostro clima, all’esposizione al terreno. Sarebbe il caso di sfruttare la potenza e la ricchezza che abbiamo senza farci coinvolgere nella globalizzazione dell’alimentazione, come invece è già avvenuto con l’abbigliamento. Abbiamo un patrimonio inespresso, nel senso che tante volte nemmeno noi lo conosciamo. Ogni volta per me è una sorpresa vedere certi ingredienti in giro per l’Italia».

Nei commenti tanti ti chiedono di cucinare piatti vegani. E sappiamo che il nostro consumo di carne deve diminuire per contrastare il cambiamento climatico. Pensi che questa possa essere una nuova sfida culinaria per te?

«L’errore che abbiam fatto è stato quello di sentirci ricchi per una generazione / una generazione e mezza. Ci siamo sentiti ricchi ma in realtà ci siamo fatti del male, perché abbiamo smesso di fare quello che si faceva una volta. Ovvero mangiare carne una volta a settimana, una volta ogni dieci giorni. E in quel caso lo puoi fare, e vai anche a comprare della carne o del pollo di qualità. Oggi invece ci troviamo a mangiare carne spessissimo, ma di bassa qualità, perché sono animali che fanno una vita di merda. Così ci siamo trovati ad inquinare. Ormai sappiamo l’impatto sull’ambiente che hanno gli allevamenti intensivi. Ma basterebbe consumare il giusto, e di qualità, per stare molto meglio. Poi è chiaro che per chi non vuole o non ha la possibilità di comprare la carne, c’è la carne sintetica. Ma ribadisco, basterebbe tornare a fare la dieta mediterranea, che di base è già molto vegetariana».

The Sound of Love è il tuo mantra e ormai è chiaro che significa che la cucina è un atto d’amore. Tu a chi pensi quando cucini?

«Io penso alle persone che a cui voglio far provare un piacere. Quello che noi cuochi aspettiamo è un sorriso negli occhi della persona che sta assaggiando quello che abbiamo cucinato. I cuochi vivono per questa soddisfazione e ultimamente noto che sono più gli uomini a cucinare che le donne. Forse perché loro lo vedono come un obbligo».

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