Un diamante (non) è per sempre: dopo 22 mesi di guerra l’Ue blocca l’import dalla Russia. Ecco come funziona il meccanismo per tracciare le pietre preziose

Annunciato il 12esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca: così il Belgio ha negoziato il via libera a un accordo che limiti i danni per l’hub di Anversa

Pecunia non olet, dicevano i latini. E certo non hanno odore neppure i diamanti. Un colore però alcuni sì, per lo meno in senso politico. Quelli prodotti dalla Russia – dove avviene l’estrazione di circa un terzo del totale mondiale – per l’Ucraina non sono trasparenti, ma rossi del sangue delle sue migliaia di uomini uccisi nella guerra scatenata da Vladimir Putin ormai 22 mesi fa. Tanti ne sono stati necessari, tuttavia, perché l’Unione europea rompesse gli indugi e decretasse la messa al bando anche di questi beni nell’ormai lunga lista di prodotti la cui importazione è vietata. Lungamente attesa, la decisione è arrivata oggi, con l’adozione del 12esimo pacchetto di sanzioni dall’inizio della guerra. Un segnale forte a Putin, che nelle ultime settimane pare ringalluzzito dalle difficoltà ucraine sul terreno così come di quelle occidentali nel continuare ad assicurare sostegno finanziario a Kiev, e che arriva a pochi giorni dalla storica decisione di aprire i negoziati di adesione all’Ue del Paese. Ma perché ci è voluto così tanto a prendere di mira quella che è considerata la fonte finanziaria n° 1 per la guerra russa?


Genealogia di un diamante

Il diavolo, come sempre in tema di sanzioni, sta nei dettagli. Primo ostacolo palesatosi, chi davvero sarebbe stato più danneggiato dal ban: la Russia, la cui società a controllo pubblico Alrosa estrae un terzo dei diamanti del mondo, o l’Ue, dove ha sede (ad Anversa) la principale borsa diamanti del mondo (80% delle transazioni globali), incalzata però dalla concorrenza di altri hub ambiziosi come l’India o Dubai? È questo l’argomento che per oltre un anno e mezzo ha portato il Belgio (e non solo) ad osteggiare l’inclusione dei preziosi nella lista dei beni off limits. Dall’altra parte le pressioni per assestare l’ennesimo duro colpo all’economia russa sono rimaste forti. Lo stesso Volodymyr Zelensky già un mese dopo l’inizio dell’aggressione russa confessò tutta la sua ira intervenendo via video al Parlamento belga: «Per qualcuno i proventi dei diamanti venduti ad Anversa valgono più della nostra lotta per la sopravvivenza». Quindi gli Usa hanno indicato la via, mettendo fuori legge l’import di diamanti grezzi sin da aprile 2022, e spingendo per espandere il divieto a tutto il G7. Secondo ostacolo, di natura tecnica: come si definisce nei fatti un «diamante russo». Fanno notare tutti gli esperti del settore che ricostruire la genesi di una pietra è cosa assai complicata. Anche perché le catene di produzioni sono globali: non è raro che un diamante sia estratto in Russia, lavorato in India, quindi venduto in Europa. Ma la Russia ha continuato a finanziare lautamente la sua guerra all’Ucraina (anche) coi diamanti – solo nei primi sei mesi del 2023 Alrosa ha generato ricavi per oltre 1,7 miliardi di euro – e il Belgio non poteva arrivare all’appuntamento con la presidenza del Consiglio Ue, al via dal prossimo 1° gennaio, con sul capo lo stigma del veto a una misura potenzialmente tanto incisiva. Né i venditori europei rischiare ancora a lungo di passare agli occhi dei potenziali clienti come «collaborazionisti» del Cremlino. E così i governi Ue hanno da un lato dato il tempo al settore di trovare le contromisure, dall’altro messo a punto il compromesso.


Il sistema di tracciamento e i dubbi degli operatori

L’accordo, confezionato in ambito G7 e «ratificato» dall’Ue col pacchetto annunciato oggi, prevede la messa al bando dell’import di diamanti non industriali e sintetici prodotti in Russia a partire dal 1° gennaio 2024. Quanto ai diamanti provenienti dalla Russia ma processati in Paesi terzi (tipicamente l’India), però, l’intesa prevede un’entrata in vigore ritardata del ban, a partire dal 1° marzo 2024 ed entro il successivo 1° settembre, di modo da consentire la messa in opera di un meccanismo di verifica della tracciabilità delle pietre «che garantisca un efficace funzionamento delle sanzioni e la minimizzazione dei danni per il mercato Ue», si legge nella nota del Consiglio che annuncia il pacchetto. I maggiori operatori del mercato – ditte di commercio di diamanti e brand di gioielleria – si stanno infatti via via attrezzando con tecnologie avanzate per tracciare la provenienza dei preziosi e certificarla. Secondo un’inchiesta di France 24, gli strumenti messi a punto includono anche l’introduzione di tecnologie blockchain. Chi sul fronte pubblico ha a lungo osteggiato il provvedimento ora sembra aver messo da parte i dubbi. Il primo ministro Alexander De Croo ha detto che il Belgio ora «accoglie il sistema di tracciamento come un passo essenziale per ridurre sostanzialmente il flusso di denaro che la Russia raccoglie dalla tratta dei diamanti». Restano da convincere molti operatori del settore e commercianti al dettaglio di diamanti, che non fanno mistero di temere l’inefficacia anche dell’avveniristico sistema di tracciabilità, e più concreti danni collaterali al loro giro d’affari. Le risposte, dal 2024.

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