Vanessa Ballan picchiata e poi uccisa con 8 coltellate: i primi risultati dell’autopsia

Il pubblico ministero, Michele Permunian, ha disposto l’esame anche sul feto per accertare se fosse incinta di Bujar Fandaj

Vanessa Ballan, la 27enne vittima di femminicidio nel Trevigiano, è morta molto rapidamente. Lo hanno stabilito gli anatomopatologi che oggi 22 dicembre hanno condotto l’autopsia sulla corpo della giovane. Il presunto assassino, Bujar Fandaj, 40enne di origini kossovare, stando ai risultati dell’esame autoptico, le ha inferto otto pugnalate di cui sei profonde, a causa delle quali il decesso è sopraggiunto in pochi attimi, e due superficiali. Da quanto apprende l’Ansa, due fendenti avrebbero lesionato entrambi i polmoni mentre una coltellata ha trapassato da parte a parte il cuore. L’omicida avrebbe addirittura girato l’asse della mano che impugnava l’arma, per essere certo che il colpo fosse letale. È stato inoltre confermato dal procuratore capo della Repubblica di Treviso, Marco Martani, che Ballan «prima di essere accoltellata è stata anche picchiata perché sul volto c’erano segni di percosse violente». La giovane, ha sottolineato Martani, «ha cercato di parare i colpi perché aveva ferite alle mani, ha cercato di ripararsi». Ora si attende il nulla osta della magistratura alla restituzione della salma ai familiari e la fissazione della data del funerale.


L’esame anche per il feto

La Procura di Treviso ha inoltre chiesto l’esame autoptico anche per il feto che portava in grembo la 27enne al fine di accertare se fosse figlio di Fandaj, già denunciato in passato dalla stessa per stalking. «È un particolare che nell’indagine ha la sua importanza e sarà chiarito», ha spiegato il procuratore Marco Martani. «Non siamo in grado in questo momento di dire se lui sapesse o meno che lei era incinta. La notizia era uscita dall’ambito strettamente familiare perché era assente dal lavoro da qualche giorno per gravidanza a rischio», ha aggiunto.


Le indagini

Ballan aveva avuto il primo figlio dal compagno Nicola Scapinello e quando è stata ammazzata era incinta al terzo mese del secondo. Nei giorni scorsi, Fandaj è stato arrestato con l’accusa di omicidio plurimo e pluriaggravato e si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del Gip. «Non era ancora in grado di rispondere, è ancora molto confuso», hanno dichiarato le sue avvocate Chiara Mazzoccato e Daria Bissoli. Intanto, le indagini proseguono cercando di far luce sul rapporto che c’era tra i due. Secondo quanto emerso finora, il 40enne in passato ha perseguitato la donna. Andava a trovarla contro la sua volontà nel suo luogo di lavoro, un supermercato di Riese, anche fino a 4 o 5 volte al giorno. Una volta l’ha spinta e minacciata. Un’altra le ha fatto irruzione in casa. Senza contare gli insulti e le violenze psicologiche che le riservava, stando a quando denunciato dalla 27enne. Il procuratore Martani, col senno di poi, ha infatti messo in evidenzia come ci fossero già i presupposti per chiedere l’allontanamento dell’uomo, mai eseguito.

I video

Gli agenti hanno riferito di avere raccolto «plurimi, univoci e gravi indizi di colpevolezza» nei confronti di Fandaj. Tra il materiale raccolto anche un video registrato dalle telecamere di sorveglianza di una abitazione vicina a quella della vittima, in cui si vede un uomo con gli abiti simili a quelli sequestrati dall’indagato al momento del fermo e con una corporatura compatibile, mentre si aggirava nella zona nella tarda mattinata del 19 dicembre, gettando nel giardino un borsone nero, lo stesso anche questo sequestrato a Fandaj con all’interno vari attrezzi e strumenti di lavoro. Sul luogo del delitto è stato inoltre trovato anche un martello recante la scritta “7 color” che è stato abbandonato dall’indagato nella casa della vittima dopo essere entrato rompendo il vetro di una portafinestra. I carabinieri hanno trovato anche un coltello, con manico di legno e lama da 20 centimetri nel lavello della cucina parzialmente lavato. L’arma è identica a un altro coltello ritrovato nella borsa degli attrezzi e della stessa serie di quelli poi ritrovati in casa dell’arrestato.

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