Parla il padre dello chef Mochi, morto in un incidente stradale. «Guardava sempre il telefonino. Mio figlio non deve essere una morte inutile»

Fabio Mochi ha perso Antonello, 27 anni, il primo dell’anno. «Mi è crollato il mondo addosso. Bisognerebbe obbligare le case produttrici a inserire dei sistemi che impediscano l’uso del cellulare per chi guida»

Fabio Mochi, funzionario del ministero degli Interni, padre dello chef Antonello, 27 anni, si sfoga. Lo fa con il Corriere della Sera, pochi giorni dopo la morte del suo figlio, giovanissimo, a causa di un incidente stradale il primo gennaio 2024. La prima vittima nelle strade italiane nel nuovo anno. «Cosa sia successo la sera dell’incidente non lo so. Però mio figlio Antonello – racconta – era un irresponsabile con il telefonino. Tante volte io e mia moglie lo abbiamo rimproverato per l’uso che ne faceva. Lui, come molti giovani, non capiscono che i cellulari alla guida sono oggetti pericolosi. Per rispondere a una chiamata o a leggere un messaggio, si può morire o diventare colpevoli di tragedie che ti segnano per il resto della vita. E poi non metteva la cintura di sicurezza, l’altro motivo di grandi arrabbiature. Antonello non deve essere una morte inutile».


«Obbligare le aziende produttrici di smartphone a impedire l’uso del cellulare alla guida»

Antonello sognava di diventare pastry chef, la notte di Capodanno stava tornando da una festa quando ha perso il controllo della sua Smart in via Leone XIII, quartiere Aurelio. «Quando mi sono alzato verso le nove e non l’ho visto girare per casa – racconta il padre – ho subito capito che fosse successo qualcosa di grave. Poi sono venuti i rappresentanti delle forze dell’ordine. Hanno chiesto a me e mia moglie di accompagnarli in ospedale. Allora abbiamo sperato che non gli fosse successo niente di irreparabile. Ma quando mi hanno chiesto di voltare per un corridoio, anziché andare dritti, mi è crollato il mondo addosso. Ecco perché voglio parlare. Perché bisogna fare in modo che termini questa strage continua». L’ho ripreso mille volte Antonello perché faceva riprese col cellulare mentre guidava, oppure si leggeva whatsapp. Mentre era molto accorto a mettersi alla guida senza aver bevuto, con quel maledetto telefonino perdeva la testa. Sempre con quel cellulare in mano. La notte della tragedia, durante una festa, ha fatto una diretta perché gli piaceva apparire, per comunicare. Ma se durante una festa non corri pericoli, il discorso cambia in auto», spiega. Alla fine, nel dolore, non incolpa il figlio: «Io giro in moto, vedo quello che fanno i guidatori nelle macchine cui passo accanto. Stanno tutti concentrati su uno schermo, invece che sulla strada». Secondo Mochi bisognerebbe: «obbligare le case produttrici a inserire dei sistemi che impediscano l’uso del cellulare per chi guida». «Così come dovrebbe essere reso obbligatorio l’alcolock – sottolinea – per impedire a chi ha alzato il gomito di mettersi alla guida. Con qualche centinaio di euro, si risparmiano vite. Perché se non facciamo niente, ogni 31 dicembre conteremo il numero di decessi, aggiornando nuovi macabri record».


(foto di repertorio ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

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