Perché la madre di Ravenna ha ucciso sua figlia: «Nella sua mente offuscata è stato un atto d’amore»

Giulia Lavatura ha lasciato un post in cui accusa il padre. Le era stato diagnosticato un disturbo bipolare. Aveva subito due Tso

Giulia Lavatura, 41 anni, è la donna che ieri si è buttata dal nono piano di un palazzo in via Dradi a Ravenna con la figlia di sei anni e il cane. Era di nazionalità italo-svizzera e di professione ingegnera, ma lavorava come insegnante precaria e spesso dava ripetizioni online. Lei si è salvata dopo il ricovero all’ospedale Bufalini di Cesena e ora ha 40 giorni di prognosi. «Ma è morta dentro», dice una sua vicina oggi a La Stampa. Il pubblico ministero Stefano Stargiotti indaga per omicidio volontario pluriaggravato e uccisione di animali. Il marito della donna si chiama Davide Timò. Anche lui è ingegnere ma lavora nelle piattaforme petrolifere del Mare del Nord. Era in casa al momento della tragedia ma non si è accorto di nulla.


Il testamento

La donna ha lasciato una sorta di testamento in uno status su Facebook. In uno scritto lungo e a tratti delirante ha accusato il padre Giuseppe Lavatura e il centro di salute mentale che l’aveva in cura dal 2009. «Perché ho dovuto farlo? Padre violento ed aggressivo. Nessuno me lo tiene lontano. Mi perseguita. Non lo voglio vedere né frequentarlo. Non mi sembra di chiedere tanto. Niente ordinanza restrittiva. Perché non ho video delle brutte violenze domestiche. Inutile questura, ero incinta, nemmeno questo per tutelarmi». Nel 2017 la donna si era presentata in questura per raccontare del padre e dei parenti che a suo dire la perseguitavano. Ma non aveva voluto sporgere denuncia. Alla donna era stato diagnosticato un disturbo bipolare. «Mia figlia aveva manie di persecuzione, ce l’aveva con me perché io insistevo affinché si curasse», ha detto il padre agli inquirenti.


I Tso

La donna è stata sottoposta a due trattamenti sanitari obbligatori. Uno nel 2014 e uno nel 2017. La vicina di casa Ivana dice al quotidiano che quando tornò dall’ospedale le disse che aveva bisogno di cure per una depressione post partum. Nel suo post la donna ha incolpato il padre di avere conoscenze nel Centro di salute mentale. E di controllarle i dosaggi delle medicine. Poi se la prende con il marito «sempre in piattaforma. Non hai fatto neppure gli auguri di Natale a Wendy e quando sei a casa o ti chiudi in bagno a chattare o esci con gli amici. Se invece resti con noi esplodi in parolacce davanti a Wendy e mi tratti continuamente con disprezzo». Al padre rimprovera anche di non aver fatto i documenti per ottenere il Superbonus per una casa che aveva comprato insieme al marito.

La psicologa

Francesca Cenci, psicologa e scrittrice, ha analizzato la lettera lasciata dalla donna. E spiega perché ha ucciso la figlia: «Perché nella visione offuscata di una persona malata quello è un atto d’amore». Secondo la dottoressa «è possibile che in qualche modo lei pensasse di liberare sua figlia e la cagnolina dall’odio che percepiva verso sé stessa. Quando le madri uccidono i figli e hanno intenzione di uccidere anche loro stesse, tranne in rari casi, purtroppo partono dal presupposto di voler fare del bene. Nella loro mente offuscata, è un gesto d’amore». Mentre la donna potrebbe aver collocato suo padre tra i nemici «perché ha cercato di aiutarla. Se il marito non si è schierato apertamente con lei, lo ha colpevolizzato a sua volta».

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