Strage di Erba, la tesi dello spaccio di droga e i testimoni mai ascoltati: Olindo e Rosa sperano nel nuovo processo

Le versione di tre persone che non sono mai state ascoltate nel dibattimento che si concluse con la condanna all’ergastolo della coppia

Una vendetta contro Azouz Marzouk. È questa la pista alternativa su cui spingono gli avvocati di Rosa Bazzi e Olindo Romano nella revisione del processo della Strage di Erba, dove vennero massacrati Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. La Corte d’Assise di Brescia ha dato il via libera all’istanza presentata dai legali che assistono la coppia condannata in via definitiva all’ergastolo per gli omicidi. La vendetta, questa la tesi di cui riferisce oggi Il Messaggero, avrebbe alle spalle una faida per il predominio sulle piazze di spaccio del Comasco tra la banda tunisina di cui faceva parte Marzouk e i suoi cugini e fratelli e un’altra marocchina. Fondamentale è la versione di testimoni mai sentiti in aula e a cui i legali della coppia sono arrivati. Si tratta di Abdi Kais, un uomo di 38 anni di origini tunisine, ex socio in affari di spaccio ed ex compagno di cella di Azouz. Quest’ultimo – ha rivelato il 38enne – «mi ha detto, prima che io uscissi di galera, di tenere d’occhio Raffaella e il loro figlio Youssef. Sembrava molto spaventato e scuro in volto». Poi ha aggiunto: «Abbiamo avuto una faida con i vicini di condominio, marocchini, per questioni di cocaina e proprio nell’appartamento della strage veniva custodito il denaro provento dello spaccio».


Le altre due testimonianze

A quella del 38enne tunisino si aggiungono anche altre due testimonianze. Quella di Fabrizio Manzeni, residente a Erba di fronte alla casa della strage. «Mi sono affacciato alla finestra per sbattere la tovaglia e ho notato due uomini, adulti, verosimilmente extracomunitari, in corrispondenza del cancello di casa mia, che stavano discutendo animatamente tra loro. Uno di loro aveva un cellulare con un display luminoso e grande e gesticolava con una terza persona che non ho visto», ha raccontato. Manzeni era stato ascoltato dai Carabinieri il giorno dopo la strage, ma mai chiamato a deporre al processo. Il terzo testimone è Ben Chemcoum, nordafricano di 56 anni. Anche lui venne sentito dalle autorità il 25 dicembre 2006 e raccontò di aver visto due stranieri che da via Diaz andavano verso piazza Mercato. Uno aveva le mani in tasca in un cappotto chiuso e aveva un berretto scuro. Poi riferisce di aver visto un furgone bianco parcheggiato con qualcuno che in tunisino gli ha detto «aia fisa», ovvero «vieni subito». A quel punto, l’uomo col berretto ha iniziato ad andare via frettolosamente quasi correndo. Il furgone poi se ne è andato. Nessuno dei tre testimoni in questione è stato mai ascoltato nel processo.


Leggi anche