Montecompatri, fermato un 24enne per la morte di Alexandru Ivan. Le verifiche degli inquirenti sul ruolo nell’omicidio

Secondo una prima ricostruzione degli investigatori, il ragazzo era nell’auto con altri tre uomini, ma non partecipò alla lite

C’è un fermo di polizia tra i cinque sospettati per la morte di Alexandru Ivan, il 14enne ucciso a colpi di pistola nel parcheggio della metro C Pantano a Montecompatri, nei pressi di Roma. Ad essere fermato su disposizione della procura di Velletri è un 24enne dell’Est Europa. Si è presentato lui stesso nella serata di ieri – domenica 14 gennaio – in caserma, accompagnato dai legali. Stando alla ricostruzione degli investigatori, il 24enne non era presente al bar venerdì sera al momento della lite tra il compagno della madre di Alex e un altro ragazzo, ma con lui avrebbe avuto i contatti telefonici per fissare l’appuntamento «chiarificatore». Il ragazzo, per le forze dell’ordine, si trovava inoltre nel veicolo da cui sono stati esplosi i colpi assieme ad altri tre uomini.


Le persone coinvolte

I cinque sono persone legate ai clan di Rocca Cencia. Sono stati già identificati dai carabinieri. Il raid era destinato al patrigno del ragazzino, Tiberiu Maciuca. Coinvolto qualche ora prima in una rissa nel bar “Esse Cafè” sulla Casilina. Sui cinque i carabinieri hanno effettuato il test dello Stub, che serve a rilevare segni di polvere da sparo sul corpo e sui vestiti. Il tutto è accaduto alle 3 di notte e i filmati delle telecamere hanno immortalato una Ford bianca da cui sono scesi coloro che hanno aperto il fuoco. Gli inquirenti hanno sequestrato il telefonino del patrigno. Lì, Maciuca avrebbe ricevuto il messaggio che lo convocava nel parcheggio della metro.


Un regolamento di conti

I pm potrebbero emettere un decreto di fermo a breve. Secondo questa ricostruzione il ragazzo sarebbe morto in un regolamento di conti che coinvolgeva il patrigno. Si parla anche di un debito non pagato. «Non è colpa mia, non gli ho detto io di venire con noi», dice al Corriere della Sera il nonno Cati Petri. «Ai primi spari ho provato a fermarlo, la nostra macchina era defilata rispetto a quella di Tiberiu. Ma Alex è voluto scendere per forza. Forse si è spaventato». Il gruppo aveva con sé arme da baseball e coltelli. I sospettati, scrive il Messaggero, sarebbero di origine rom. Quasi certamente la lite è scoppiata per dissidi legati agli stupefacenti. La banda si dedica anche a furti e ricettazioni. «Come quando c’è una torta e bisogna spartirsi le fette», spiega uno degli investigatori al quotidiano.

La madre

Alexandra Petri, mamma di Alex, parla oggi con la Repubblica della morte del figlio: «Quelle persone non le conosco», premette lei. «Era il mio trentaduesimo compleanno e mio figlio era qui con me. Lui non usciva mai di notte». Dice di non sapere nulla della storia: «So che era con mio padre e il mio compagno e con altri parenti. Io sono rimasta a casa con gli altri miei due figli. La mia festa era finita». Non aveva saputo nemmeno della rissa prima della sparatoria: «Ripeto, mio figlio è uscito e non l’ho più visto. Ero preoccupata, però. Perché Alex non usciva mai la sera tardi. Sono andata a letto con il mio figlio più piccolo ma ero turbata». Adesso chiede a chi ha ucciso il figlio di costituirsi. E su Alex: «Mi aveva regalato due pelouche. Adesso voglio che qualcuno mi spieghi perché è morto. Mio figlio era un bravo ragazzo e io continuo a ripetere che non so nulla di quello che è successo quella sera».

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