Yemen, nuovi raid Usa contro gli Houthi: «Colpita anche la capitale Sana’a». Lunedì riunione urgente Onu sul rischio escalation

Le forze americane hanno distrutto anche sei missili da crociera «pronti a colpire nel Mar Rosso». Le proteste di Iraq e Siria per gli attacchi della scorsa notte

Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno condotto questa sera nuovi attacchi contro obiettivi degli Houthi in Yemen: sarebbero stati colpiti dal cielo e dal mare almeno 30 obiettivi in 10 diverse località. Funzionari Usa hanno chiarito a Reuters che si tratta di obiettivi «legati all’Iran», come depositi di armi e centri di comando e controllo. Secondo fonti yemenite sarebbero state colpite anche alcuni siti nella zona della capitale del Paese, Sana’a, dove si sono sentite forti esplosioni. Nelle scorse ore gli Usa hanno detto di aver colpito e distrutto anche sei missili da crociera che gli Houthi si preparavano a lanciare contro navi in transito nel Mar Rosso. Resta intenso dunque il ritmo dei contrattacchi Usa contro le milizie regionali impegnate a colpire obiettivi più o meno legati a Usa e Israele dopo il 7 ottobre.


Il bilancio dei raid in Siria e Iraq

La scorsa notte raid aerei sono stati lanciati contro 85 obiettivi in Siria e Iraq. Sarebbero diverse decine, secondo alcune fonti 39, le vittime complessive degli attacchi: una rappresaglia per i numerosi degli ultimi mesi contro basi Usa nella regione e soprattutto di quello di domenica scorsa al confine tra Siria e Giordania costato la vita a tre marines. Ad essere colpiti, 85 obiettivi legati a milizie islamiste filo-iraniane. Si tratterebbe in particolare, secondo il Corriere della Sera, di depositi, mezzi, centri di comando. Basi operative strategiche per le milizie prese di mira, ma al contempo d’interesse non primario per l’Iran, la potenza regionale che le sostiene e incoraggia. In Iraq sarebbero rimasti uccise 16 persone, alcune delle quali legate alle Forze popolari di mobilitazione, almeno altre 25. In Siria, secondo informazioni raccolte da Reuters, 23 le vittime tra coloro che erano di guardia ai siti colpiti. Non risultano coinvolti pasdaran iraniani, che avevano lasciato i siti più a rischio dopo il preannuncio Usa dei raid.


L’ira dei Paesi colpiti

Siria e Iraq hanno protestato con veemenza per gli attacchi sul loro suolo: Damasco ha parlato di una «aggressione plateale» americana che non fa che indebolire la sua capacità di combattere il terrorismo. Baghdad ha denunciato come «falsa» la tesi dei comandi Usa che le autorità irachene sarebbero state preventivamente avvertite, e ha bollato i raid come «inaccettabili»: «una violazione della sovranità dell’Iraq che minaccia di trascinare esso e tutta la regione verso conseguenze imprevedibili».

La posizione di Russia e Iran

Più «controllata», almeno per il momento, la reazione agli attacchi Usa dell’Iran: un portavoce del ministero degli Esteri li ha definiti «un’azione avventurosa e un altro errore strategico del governo americano che non avrà altro risultato se non aumentare le tensioni e destabilizzare la regione». Chi all’indomani della rappresaglia coglie volentieri la palla al balzo per tentare di mettere in difficoltà gli Usa è la Russia. La missione del Cremlino presso l’Onu ha infatti chiesto la convocazione di una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza per discutere del rischio escalation in Medio Oriente. Obiettivo raggiunto: la riunione è stata calendarizzata per lunedì alle 16 (ora di New York). Secondo l’agenzia Tass, la seduta è già stata fissata per lunedì. «Washington, fiduciosa nella sua impunità, continua a seminare caos e distruzione in Medio Oriente», ha affondato in una dichiarazione il ministero degli Esteri di Mosca, secondo cui gli attacchi americani sono «deliberatamente mirati ad alimentare ulteriormente il conflitto».

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