Gli Usa preparano la rappresaglia anti-Iran: «Pronti a colpire in Siria e Iraq». E Biden firma le sanzioni contro i coloni israeliani

La risposta all’attacco coi droni in cui sono morti tre Marines e il segnale a Netanyahu. Dal Qatar cauto ottimismo sulla tregua a Gaza

Gli Stati Uniti si preparano a lanciare una serie di attacchi contro obiettivi iraniani in Siria e in Iraq. Questo per lo meno è quanto indicano indiscrezioni della Cbs, a cui funzionari della Casa Bianca hanno confermato che i piani per condurre gli strike di rappresaglia sono stati approvati. «Gli Usa non tollerano attacchi alle proprie truppe. Prenderemo tutte le misure necessarie a difendere gli Stati Uniti, i nostri interessi e il nostro popolo», ha detto in conferenza stampa il segretario alla Difesa Lloyd Austin, aggiungendo che «risponderemo dove, quando e come sceglieremo». La promessa arriva a pochi giorni dall’attacco con droni a una base americana sul confine tra Siria e Giordania in cui sono rimasti uccisi tre soldati statunitensi. Sembra escluso comunque ogni progetto di rivalsa diretta contro l’Iran. «Non è quello che sto cercando», ha detto il presidente Joe Biden nei giorni scorsi a chi gli chiedeva se si potesse aprire un confronto militare diretto tra Washington e Teheran, accusato di muovere come pedine le sue milizie nella regione in chiave anti-Usa e Israele.


Sanzioni ai coloni: il segnale Usa a Netanyahu

Nelle stesse ore la Casa Bianca ha preso un’altra decisione preannunciata da tempo che ha a che fare col conflitto in Medio Oriente. Obiettivo però questa volta Israele. O meglio, una sua porzione di popolazione ben precisa. Joe Biden ha infatti firmato oggi un ordine esecutivo che impone sanzioni finanziarie e il blocco del visto a quattro coloni israeliani in Cisgiordania che hanno attaccato negli scorsi mesi i palestinesi: con atti di violenza, nonché minacce e tentativi di distruggere o impossessarsi di loro proprietà, precisa la Casa Bianca. Che rende esplicito come quello di oggi voglia essere un segnale politico anche al governo di ultradestra guidato da Benjamin Netanyahu: «una risposta diretta al drammatico aumento delle violenze dei coloni» contro i palestinesi in Cisgiordania dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, ha precisato il portavoce del consiglio di sicurezza nazionale Usa John Kirby. Il livello di violenza dei coloni, ha aggiunto lo stesso Biden, è ormai diventato «intollerabile» e costituisce «una seria minaccia per la pace, la stabilità e la sicurezza» di tutta la regione. Una decisione quella della Casa Bianca accolta ovviamente con amarezza a Gerusalemme: «Non c’è motivo di adottare misure straordinarie. La maggioranza assoluta dei residenti in Giudea-Samaria (Cisgiordania) sono cittadini rispettosi della legge», ha detto Netanyahu, sottolineando come Israele «già opera contro chi infrange la legge» e come peraltro in questo periodo «i residenti della regione sono impegnati nella difesa di Israele sia nelle unità di leva sia fra i riservisti».


Spiragli di tregua

Nel frattempo prosegue dietro le quinte il lavorio per arrivare a un difficilissimo accordo tra Israele e Hamas per mettere fine, almeno temporanea, ai combattimenti. Fonti del governo del Qatar hanno detto nelle scorse ore a Reuters che Hamas avrebbe accolto «positivamente» la bozza d’intesa predisposta nei giorni scorsi dai mediatori, anche se una risposta formale ancora non è pervenuta. «La stiamo aspettando», premono dal Qatar: su Hamas, ma implicitamente anche su Israele.

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