Gaza, scintille Hamas-Netanyahu sulla tregua: «Bene se Israele si ritira dalla Striscia». «Mai, e non libereremo migliaia di terroristi»

Governo israeliano e gruppi islamisti di Gaza tracciano le loro linee rosse sulla bozza di accordo mediata da Usa, Qatar e Egitto. Blinken presto di nuovo a Tel Aviv

È aperta, ma strettissima, la strada per un nuovo accordo di tregua tra Israele e le forze islamiste che governano nella Striscia di Gaza. Per lo meno a livello di dichiarazioni pubbliche. Questa mattina il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha annunciato su Telegram di aver ricevuto la proposta di accordo elaborata dai mediatori dei negoziati svoltisi nei giorni scorsi a Parigi (Qatar, Usa, Egitto) e che «studierà il piano» prima di formulare la risposta del gruppo. Hanyeh stesso è ospitato da anni in Qatar. La posizione di Hamas in ogni caso, ha sottolineato il leader, si fonderà sulle priorità di fondo di «fermare il brutale attacco a Gaza, con il completo ritiro delle forze di occupazione dalla Striscia». Hanyeh ha lasciata comunque spiragli a «discutere qualsiasi iniziativa o idea seria e pratica, a condizione che porti a una cessazione completa dell’aggressione e garantisca il processo di accoglienza per il nostro popolo». Su posizioni simili la Jihad islamica, che ha fatto sapere oggi per bocca del segretario generale Ziad Nakhaleh che «non negozierà accordi sugli ostaggi israeliani se non ci sarà un cessate il fuoco completo e un ritiro delle forze israeliane da Gaza».


Le linee rosse di Israele

A mettere in evidenza le proprie linee rosse sull’accordo in discussione – sotto la pressione crescente degli Usa – è ancora una volta anche il governo israeliano. Il premier Benjamin Netanyahu ha detto oggi di non essere assolutamente disposto a liberare «migliaia di terroristi». Il riferimento è ai prigionieri palestinesi che Israele dovrebbe liberare nel quadro dell’accordo in cambio del rilascio (a tappe) degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e Jihad islamica. Nell’unica settimana di tregua fin qui accordata, a fine novembre, il rapporto ostaggi-detenuti liberati è stato di 1 a 3, e i rapiti ancora a Gaza si crede siano poco più di 130, una trentina dei quali già morti (anche i loro corpi rientrano nella trattativa). Parlando agli studenti di un’accademia militare, Netanyahu ha anche ribadito – all’opposto di quanto chiesto dalle milizia islamiste – che l’Idf «non si ritirerà dalla Striscia di Gaza» perché quello in corso «non è un altro round o un’altra operazione», ma quella definitiva, che mira alla «completa vittoria». A espandere le considerazioni del premier era stato poco prima il ministro della Difesa Yoav Gallant: una volta terminata la guerra, Israele «manterrà il controllo militare» su Gaza, benché non quello civile, ha spiegato Gallant alla commissione Esteri e Difesa della Knesset. A tenere il governo sotto stretta osservazione e pressione restano però sempre sul fronte interno le famiglie degli ostaggi, mentre dall’opposizione Yair Lapid fa nuovamente appello all’esecutivo perché concluda al più presto un accordo.


L’invito al Cairo e Blinken in Israele

In una successiva dichiarazione ufficiale, Hanyeh ha anche riferito di aver «ricevuto un invito per una visita al Cairo per discutere la bozza dell’accordo uscita dalla riunione di Parigi e i requisiti per la sua applicazione sulla base – ha ribadito – di una visione che riesca a realizzare gli interessi nazionali dei nostri popoli nel prossimo futuro». Da giorni Hamas insiste per un cessate il fuoco duraturo e si dice contrario a una tregue temporanee. Intanto, Haaretz riferisce che che il segretario di stato Usa Antony Blinken arriverà in Israele per una visita di due giorni sabato prossimo. Si tratta della sesta visita dall’inizio del conflitto.

La mediazione a Parigi

Nella giornata di ieri, 29 gennaio, si è chiuso il meeting a Parigi tra il capo del Mossad David Barnea con il premier del Qatar Mohammed bin Hamad bin Khalifa Al Thani, il capo della Cia William Burns e quello dell’intelligence egiziana Abbas Kamel. L’obiettivo dei negoziati è ottenere da Hamas il rilascio degli ostaggi israeliani e un cessate il fuoco. Fonti diplomatiche ieri sera avevano annunciato che erano stati fatti «alcuni progressi» e nella mattinata di oggi è, infatti, approdata la bozza di mediazione sul tavolo del leader di Hamas. Se ieri dall’ufficio del premier israeliano Netanyagu avevano dichiarato che il meeting «è stato costruttivo ma ci sono ancora divari significativi tra le parti che saranno discussi in altri incontri in questa settimana», ora il ministro della sicurezza e leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit, ha definito la bozza di accordo «irresponsabile». Secondo Itamar Ben Gvir una possibile intesa di questo calibro porterebbe a una «spaccatura del governo».

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