Assemblee e scioperi, Mirafiori ora si mobilita sui timori di fuga di Stellantis dall’Italia: «Dobbiamo farci sentire come gli agricoltori»

«Per quel che ne sappiamo, dal 2027 la fabbrica non avrà più prodotti», sostiene il n° 1 di Cgil Piemonte Airaudo dopo gli annunci di Tavares

«Il futuro è incerto, risposte non ce ne danno: dobbiamo mobilitarci come hanno fatto gli agricoltori». Sono le voci dei lavoratori che si levano in queste ore dalla fabbrica di Mirafiori, dove questa mattina si sono svolte assemblee «molto partecipate», secondo quanto riporta l’Ansa. Da giorni si rincorrono annunci e indiscrezioni preoccupanti sulla produzione in Italia del gruppo Stellantis, e quel che è certo che lo storico stabilimento torinese resterà fermo dalla prossima settimana sino a fine marzo: tutti in cassa integrazione. Terminate le assemblee promosse dalla Fiom, i lavoratori di del secondo turno della fabbrica hanno dato via a uno sciopero spontaneo: un corteo di operai della linea della 500 elettrica è uscito dalla Porta 2 dello stabilimento. «I lavoratori sono preoccupati, vogliono mandare un segnale preciso alle istituzioni. Mirafiori non può chiudere», hanno detto interpretando la protesta il il numero uno della Cgil Piemonte Giorgio Airaudo e il segretario generale della Fiom torinese Edi Lazzi.


I timori per il futuro della produzione

I due dirigenti sindacali hanno condiviso con i lavoratori ipotesi e ragionamenti sulle possibili mosse dell’azienda nata dalla fusione tra Fiat-Chrysler e Psa. «Per le conoscenze che abbiamo, dal 2027 Mirafiori non avrà più prodotti», ha detto Airaudo in assemblea: «La Levante cessa in primavera (20 vetture al giorno a oggi), le Maserati sono state rinviate al 2027/’28 (10 vetture al giorno), la 500 elettrica da lunedì prossimo andrà a un turno unico per sette settimane di cassa integrazione (220 vetture al giorno). Con questi numeri – l’analisi di Airaudo – se non arriveranno nuovi prodotti e non ci sarà un’inversione di tendenza sul mercato europeo Mirafiori sarà ridotta al lumicino produttivo». Quindi l’appello a dirigenti dell’azienda così come alle istituzioni locali, nazionali e oltre: «Ora basta, vogliamo un piano per Mirafiori che ci porti a 200.000 vetture, come richiesto dalla piattaforma unitaria di Fim, Fiom e Uilm e dia garanzie occupazionali per il prossimo decennio. Il ‘caso Mirafiori’ deve diventare un caso nazionale, Parigi e Roma se ne devono occupare».


Le accuse del centrosinistra al governo

A intercettare la rabbia e il disorientamento dei lavoratori dello storico stabilimento Fiat sono i partiti di centrosinistra. Il deputato torinese di Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimaldi sottolinea in una note come «migliaia di persone hanno il diritto di sapere cosa sarà del proprio futuro. Il governo Meloni dia risposte e faccia sapere cosa intende fare per tutelare un settore industriale importante per il nostro Paese», è l’appello. Contro la fragilità della risposta del governo punta il dito anche il Pd: «Mancano soluzioni che vadano oltre le rassicurazioni sugli ammortizzatori sociali senza però alcuna proposta concreta per evitare che questa divenga cronica. Meraviglia che chi parla di patria ogni giorno a fini propagandistici non sappia che non esiste alcuna grande nazione al mondo senza una industria manifatturiera. Non c’è al momento alcuna data su un tavolo con l’azienda e i sindacati: lo abbiamo chiesto e continuiamo a chiederlo», scrivono in una nota congiunta i deputati dem Arturo Scotto, Emiliano Fossi, Chiara Gribaudo Mauro Laus, Marco Sarracino.

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