«Il mio stalker è libero e il gps ha suonato 40 volte: i carabinieri mi dicono che è a 30 metri e io non vivo più»

Isella Marzocchi, terrorizzata da un uomo conosciuto per caso e condanato, vuole lasciare la sua città

Isella Marzocchi, 52 anni, di Bologna, è vittima di uno stalker da oltre o un anno. La persona, molto più giovane di lei, l’ha incontrata una volta per prendere un caffè. Da allora lui è diventato ossessivo. Ha cominciato a tempestarla di messaggi e chiamate. Marzocchi, che ha un marito e due figli di 9 e 12 anni, l’ha denunciato. Lui è stato condannato a due anni per stalking. Ha anche ricevuto la misura cautelare del braccialetto elettronico. Ma, spiega Isella oggi ad Andrea Pasqualetto sul Corriere della Sera, non è finita qui: «Al processo non si è mai visto. Immagino che sia libero visto che io ho ancora questo aggeggio collegato al suo braccialetto elettronico e alla centrale dei carabinieri».


Nemmeno un giorno di carcere

«Mi dicono che non sconterà un giorno di carcere e così io continuo a girare con lo spray e a guardarmi intorno. Da otto mesi sono legata agli spostamenti di quest’uomo che peraltro non avevo mai visto prima. Un’angoscia infinita. Anche venerdì scorso, quando ero in stazione, è suonato l’allarme del mio gps, mi hanno chiamato i carabinieri, che comunque ringrazio per il loro lavoro», dice. Racconta che lo ha conosciuto alla cassa del supermercato: lui le ha fatto una battuta sulla spesa e poi ha cominciato a tampinarla: «Nel centro commerciale non mi mollava più. Poi mi ha chiesto di prendere un caffè e gli ho detto va bene pensando di togliermelo di torno». Il Gps, spiega Isella, «è una specie di cellulare, un po’ più spesso, che trilla tutte le volte che lui si avvicina a meno di 400 metri da dove mi trovo. Compare il simbolo del divieto con una figura stilizzata che mi dice “sei in zona a rischio”. Poi mi chiama la centrale dei carabinieri e mi chiede se va tutto bene».


Le crisi di panico

Isella spiega che quando scatta l’Sos va nel panico: «Soprattutto se sono per strada o su un mezzo pubblico. Che tendo a non prendere più». Da luglio è successo almeno una quarantina di volte. «Anche perché lui abita nel mio quartiere», spiega. Per questo ha cambiato i suoi percorsi abituali casa-lavoro, «gli orari, per un periodo sono rimasta a casa. All’inizio avevo colleghe e colleghi che mi piantonavano quando arrivavo e quando uscivo, perché questa persona aveva iniziato a stazionare nel bar di fronte all’ufficio. Non si faceva molti problemi a seguirmi anche quando ero in compagnia». Per contattarla «è arrivato a usare cellulari di negozianti a cui chiedeva di fare una telefonata».

Il pakistano

Una volta, racconta, si è trovata a parlare al telefono con un commerciante pakistano che ha richiamato perché aveva visto la telefonata sul cellulare: «Sono capitate le situazioni più strane, con i carabinieri che mi chiamano: occhio che è a 30 metri, lo vedi? Insomma, un incubo». Secondo Isella c’è una «disparità di trattamento: lui libero di andare in giro, io costretta a evitare certi luoghi; lui che può non presenziare a processo, come ha fatto, io che dovevo esserci per testimoniare…». Per questo in certi momenti si pente di averlo denunciato: «Perché faccio fatica a vedere la fine di questa brutta storia. Sto pensando anche di cambiare città… maledetto quel caffè».

Leggi anche: