Via libera per Donald Trump per la corsa alla Casa Bianca: la decisione della Corte suprema

I nove giudici, sei conservatori e tre progressisti, hanno confermato all’unanimità l’eleggibilità dell’ex presidente in Colorado. La decisione farà da precedente anche negli altri Stati in cui ci sono ricorsi pendenti

La Corte suprema ha confermato l’eleggibilità di Donald Trump in Colorado, tra i 15 Stati che voteranno domani 5 marzo nel Super Tuesday. La corte composta da sei giudici conservatori e tre progressisti ha deciso all’unanimità sul caso dell’ex presidente, in corsa per le primarie repubblicane. I giudici hanno accolto il ricorso di Trump contro la decisione della Corte suprema statale di non permettergli di partecipare al voto in Colorado, per il suo ruolo durante l’assalto a Capitol Hill a gennaio 2021 in base al quattordicesimo emendamento, che vieta le cariche pubbliche ai funzionari coinvolti in insurrezioni contro la Costituzione. La sentenza farà da precedente anche per tutti gli altri ricorsi pendenti negli altri Stati.


Le motivazioni

Secondo i giudici della Corte suprema, gli Stati non hanno l’autorità per rimuovere un candidato presidenziale in base al quattordicesimo emendamento, cioè la «clausola di insurrezione» della Costituzione. Questo potere, spiegano i giudici, è in capo solo al Congresso.


La battaglia legale

La Corte suprema del Colorado lo scorso 19 dicembre aveva dato ragione al ricorso di sei elettori, quattro repubblicani e due indipendenti, che avevano impugnato l’eleggibilità di Trump nello Stato. Quella decisione era stata poi sospesa, in attesa dell’appello, mentre il nome di Trump era già stato stampato sulle schede elettorali. Sulla base del quattordicesimo emendamento, anche gli Stati del Maine e dell’Illinois avevano escluso Trump dal voto. Ma ora dovranno adeguarsi alla sentenza della Corte suprema. I nove giudici ora sono chiamati a decidere anche sul nodo dell’immunità presidenziale, che Trump ha invocato nel processo federale per i tentativi di sovvertire il voto del 2020, che avevano preceduto proprio l’assalto a Capitol Hill.

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