Fermo, il medico che va dalla giovane paziente appena dimessa dal Pronto Soccorso e le salva la vita

Aveva febbre altissima e insensibilità agli arti. Diagnosticata un’infiammazione midollare

Francesco Bernetti Evangelista, chirurgo di Fermo nelle Marche, è in pensione ma lavora per una cooperativa di supporto al pronto soccorso. Qualche sera fa ha visitato una paziente 15enne arrivata nell’ospedale Murri con febbre altissima e insensibilità degli arti. L’ha dimessa. Ma non appena smontato dal turno è andato a casa sua. E ha scoperto che la ragazza aveva una seria infiammazione midollare che rischiava di farle perdere l’uso delle gambe. «Si è presentato a casa, aveva il sospetto di una infiammazione che se fosse stata trascurata avrebbe potuto avere esiti imprevedibili. Ci chiedeva scusa per l’intrusione ma raccomandava di riportare la ragazza all’ospedale e di affidarla alla neurologia. Il ricovero le ha salvato la vita», hanno raccontato i genitori Catiuscia Gasparroni e Marco Moreschini.


La febbre

«Eravamo terrorizzati, la febbre saliva e Giulia diceva che non era la solita febbre, si sentiva strana, non riusciva a muovere le gambe», raccontano. «Siamo usciti dal pronto soccorso alle 3 e alle 8 eravamo pronti per portarla ad Ancona. Quando è suonato il campanello e ci siamo trovati il dottor Bernetti Evangelista davanti non ci potevamo credere. Lui dice di non aver fatto niente di strano, la verità è che non siamo più abituati ad avere professionisti che accompagnano le persone in questo modo. Sapere che un medico non era tranquillo, che non poteva andare a casa senza trovare una strada è qualcosa che ti riconcilia col mondo, che ti fa capire che davvero possiamo sperare nella solidarietà e nell’attenzione verso gli altri».


Il ricovero

La 15enne è stata ricoverata nel reparto di neurologia diretto da Patrizio Cardinali, che ha trovato la cura necessaria per rimetterla in piedi. «Non ci siamo mai sentiti soli, anche nel tempo più difficile e spaventoso della nostra vita. Oggi che siamo finalmente fuori da questa situazione dobbiamo dire grazie a tutti, ci hanno curato come medici ma soprattutto come persone, col cuore, con umanità», concludono i genitori.

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