Gigi D’Alessio: «Io pronto a presentare Sanremo. E il napoletano ormai è una lingua nazionale»

«Sicuramente andrei a prendere lezioni da Amadeus»

Gigi D’Alessio è stato a Sanremo nel 2000. Ma adesso potrebbe tornarci. Nel senso che accetterebbe volentieri di presentarlo. Anche se in un’intervista a La Stampa fa sapere che nessuno gli ha proposto di diventare direttore artistico della kermesse: «No, non me lo hanno proposto e l’ho letto come lei solo sui giornali. Qualcuno ha detto che mi sono proposto io ma, le pare possibile? Figuriamoci sei mi propongo per fare il Festival conoscendo le dinamiche di manifestazioni così importanti. Certo, registro il mio nome tra quelli che sono usciti ma come sia successo non lo posso sapere». Ma se glielo proponessero «sicuramente andrei da Amadeus a prendere lezioni perché non sarà facile dopo di lui. Confesso però che non avrei paura perché non si tratta di un’operazione a cuore aperto. Il mio Sanremo lo faccio ogni anno a Piazza Plebiscito e non avrei nessun timore».


I fischi a Geolier

D’Alessio parla anche del suo nuovo singolo Nu dispetto e della voce femminile che vi compare: «Chi è? Lo rivelerò nei concerti a piazza del Plebiscito, dal 7 al 16 giugno, non prima. So di amici cari che stanno chiamando i miei ingegneri del suono per scoprirlo, ma fino a giugno rimarrà un segreto». Mentre il nuovo album si chiama Fra in onore del suo figlio più piccolo che si chiama Francesco: «In napoletano è più facile chiamarlo Fra ed è vero, “fra” sta per “bro”». Riguardo i fischi a Geolier, D’Alessio dice che «quella sera l’Ariston ha scritto una brutta pagina di tv e di Festival. È stata una classifica amara per Angelina e pure per Geolier. Alla fine la sala stampa ha vinto contro la sala da pranzo degli italiani». Per lui Geolier «è un esempio da premiare perché è nato in un quartiere disagiato e oggi si trova in Università a spingere i ragazzi a studiare; sta portando avanti un bel messaggio».


Il napoletano lingua nazionale

Il cantante dice anche che il napoletano ormai è centrale nella musica: «Il suono della lingua che non tutti conoscono ma apprezzano è diventato centrale. Mogol un giorno mi disse, lo giuro sui miei figli, che quando componeva con Battisti diceva a Lucio di tradurre il pezzo in napoletano e ascoltare se suonava bene. Anche i Beatles venivano ad ascoltare le melodie napoletane per ispirarsi: e allora di cosa vogliamo parlare?». Infine, sui conflitti del mondo: «La cosa più brutta della guerra è che non avrà mai un vincitore. Solo due persone che nemmeno si sfioreranno decidono di mandare a morire ragazzi che nemmeno si conoscono. Figli e papà, fratelli e cugini che muoiono per qualcuno che li usa come carne al macello».

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