Ilaria Salis, Tajani critica i giudici sui mancati domiciliari e le catene in tribunale. Replica del ministero degli Esteri ungherese: «Siamo uno Stato di diritto»

Da Budapest, fonti del governo Orbán affermano: «L’esecutivo non interferisce in nessun modo nelle competenze della magistratura»

Rifiutata la richiesta degli avvocati che difendono Ilaria Salis: all’attivista italiana, in cella ormai da 13 mesi, non sono stati concessi i domiciliari. «Sussiste il pericolo di fuga», ha spiegato il giudice Jozsef Sós, al cui cospetto nell’aula di tribunale la cittadina italiana è stata ancora condotta con le manette ai polsi e le catene alle caviglie. Antonio Tajani, dopo aver appreso la notizia arrivata dei domiciliari negati oggi, 28 marzo, ha commentato: «Non condivido la scelta di condurre una detenuta in catene. Continueremo a protestare». Il vicepremier e ministro degli Esteri italiani, a Cinque Minuti su Rai 1, ha aggiunto: «Il giudice non ha voluto concedere i domiciliari, secondo me sbagliando, ma politicizzare non serve. Se la vogliamo in Italia dobbiamo agire con diplomazia, serietà e prudenza. Politicizzando si arriva a uno scontro con la giustizia ungherese che è libera di decidere come crede». Non si è fatta attendere la replica dell’esecutivo di Viktor Orbán. Attraverso una nota, l’ufficio stampa del ministero degli Esteri di Budapest ha affermato: «L’Ungheria è uno Stato di diritto e il governo non interferisce in nessun modo nelle competenze della magistratura».


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