Patto Ue sui migranti, Bartolo (Pd): «La situazione peggiorerà nei Paesi di primo ingresso. Perché Meloni non ha protestato?» – L’intervista

«Questa legge serve semplicemente a legalizzare tutte quelle “porcherie” che facciamo illegalmente in tema di immigrazione», dice a Open l’eurodeputato e medico di Lampedusa

Da Bruxelles – Sono i giorni dell’analisi della “sconfitta” per Pietro Bartolo, eurodeputato dem ed ex medico di Lampedusa. Due giorni fa il Parlamento europeo ha dato il via libera definitivo al nuovo Patto migrazione e asilo. Un insieme di norme che prevedono controlli più rigidi alle frontiere, conferma la responsabilità del Paese di primo ingresso nell’esame delle richieste di asilo (ciò significa che l’anima di Dublino rimane dov’è), ma introduce un meccanismo di solidarietà “obbligatoria”. Tutti dovranno «responsabilizzarsi», ma saranno gli stessi Paesi dell’Ue a decidere in che modo: accogliendo i richiedenti asilo sul proprio territorio o contribuendo finanziariamente (20mila euro a migrante). Il maxipacchetto di 9 provvedimenti legislativi ha ottenuto il voto contrario, e compatto, di tutto il Pd, in dissenso con il suo schieramento (i socialdemocratici). Perché a pagarne le conseguenze di questo decisione presa a Bruxelles, saranno «donne, uomini e bambini», dice a Open l’eurodeputato Pietro Bartolo, il giorno dopo l’approvazione. «Purtroppo continueranno a soffrire, a perdere la propria vita – sottolinea -. E faranno diventare quel mio mare, perché quello lì (il Mediterraneo, ndr) è il mio mare, io sono nato in quel mare, ho lavorato in quel mare. Mi ha dato tutto, ma oggi quel mare è diventato un cimitero e questa è una cosa che non accetto», precisa.


A un giorno dalla votazione del Patto qual è la sua (personale) “analisi della sconfitta”?


«C’è una cosa che mi assilla ancora oggi: quando tutto questo finirà e verrà raccontato nei libri di storia magari ci sarà anche il mio nome, il medico di Lampedusa, e quando i miei nipoti leggeranno quello che è successo e mi chiederanno: “Nonno ma tu cosa hai fatto? Tu avevi una responsabilità”. Cosa dovrò rispondergli?Io sono diventato europarlamentare per cercare di cambiare le cose e, magari, per dire a mio nipote: “Io ho fatto tutto quello che potevo”. Ho scelto la strada della politica perché è la buona politica che deve dare le risposte. Il lavoro, o la missione, di un politico è quello di risolvere i problemi, non crearne di nuovi. Sono trent’anni che parliamo di emergenza sbarchi. Ma dopo trent’anni si può ancora parlare di immigrazione in questi termini? No, dobbiamo iniziare ad affrontarla con intelligenza, razionalità, umanità. E se non vogliono vedere il quadro in un’ottica umana, dovrebbero cercare di comprenderlo anche dal punto di vista egoistico: queste persone ci possono aiutare in termini demografici, sociali, economici, di manodopera e culturali».

Quali sono gli elementi di questi Patto che l’hanno spinta a votare contro?

«La premessa è che questa legge serve semplicemente a legalizzare tutte quelle “porcherie” che facciamo illegalmente in tema di immigrazione. Ad esempio i respingimenti, che facciamo sistematicamente, e la detenzione immotivata dei richiedenti asilo. Fino a oggi si poteva fare ricorso alla Corte di giustizia europea, in futuro non avremo più questa possibilità. In questo Patto ci sono delle cose che io ritengo assurde, come lo screening attraverso il quale verranno foto-segnalati anche i bambini di sei anni. Ciò significa trattarli come se fossero assassini, delinquenti, terroristi. E poi c’è il Regolamento sulla procedura di asilo e le procedure di frontiera che hanno delle problematicità. Le zone di frontiera sono considerate come non facenti parte del territorio degli Stati membri. Qui, queste persone verranno trattenute senza neanche avere un’assistenza legale e in attesa di sapere se hanno diritto a presentare una domanda d’asilo. I migranti che avranno meno possibilità che la loro richiesta sia approvata sono coloro che arrivano dai Paesi cosiddetti “sicuri” (definizione data su criteri controversi), chi dirà una bugia durante l’interrogatorio e chi verrà da Stati con tassi di riconoscimento dell’asilo inferiori al 20%. Verranno trattenuti in centri che conosciamo bene: i cosiddetti Cpr, ovvero carceri immonde dove vengono rinchiuse le persone che non hanno commesso alcun reato. E, infine, anche il dossier relativo alle situazioni di crisi e il tema della strumentalizzazione dei migranti (il loro utilizzo da parte di Paesi terzi o attori non statali ostili con l’obiettivo di destabilizzare l’Ue, ndr) è spinoso. Se uno Stato utilizza queste persone per destabilizzare un altro territorio viene dichiarata la cosiddetta “strumentalizzazione” e una volta accertata si andrà in deroga. Ciò significa che non daremo la possibilità a queste persone di entrare nel territorio».

Quindi è certo che non funzionerà?

«Certo che non funzionerà, è qualcosa di inaccettabile. Il fattore umano, in questo Patto immigrazione e asilo, scompare del tutto. Ma questa deumanizzazione non ci appartiene: né come Italia, dove la nostra Costituzione garantisce diritti alle persone che arrivano dall’altra parte del mondo; né come Ue poiché vengono violati i principi fondanti quali solidarietà, condivisione delle responsabilità, rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto».

Non c’è alcun elemento positivo nel Patto?

«Le uniche cose positive si trovano nel file che io ho curato come relatore ombra per i socialdemocratici. La cosiddetta Regulation on Asylum Migration Management (Ramm) che introduce il concetto di “solidarietà obbligatoria”. All’inizio avevamo trovato un buon compromesso, poi è stato tolto molto del progetto iniziale. Ma tutti i file erano concatenati e, ovviamente, nell’economia generale non abbiamo ottenuto niente, anzi pochissimo, di conseguenza ho scelto di votare contro. Anche perché sono convinto che con questo Patto la situazione peggiorerà soprattutto nei Paesi di primo ingresso. La mia idea era di togliere il principio alla base di Dublino (lo Stato membro di primo ingresso è competente per la domanda di asilo, ndr), ma per il Consiglio era una linea rossa invalicabile. E quando dicono che è stato superato Dublino, dicono una fesseria. E non capisco perché il governo Meloni non abbia protestato a livello di Consiglio e non abbia appoggiato la nostra proposta iniziale che era quella della ridistribuzione automatica e obbligatoria dei migranti su tutti gli Stati membri. Perché se bolliamo la migrazione come problema europeo, allora l’Europa deve contribuire alla redistribuzione. E io credo che il nostro esecutivo non abbia puntato i piedi per non disturbare il suo carissimo amico Viktor Orbán (primo ministro dell’Ungheria, ndr)».

Ma nel meccanismo di solidarietà un Paese può decidere di pagare fino a 20mila euro per ogni migrante che non accoglie nel proprio territorio…

«Ed è una cosa inverosimile. Con questa possibilità concessa a un Paese dell’Ue stiamo dimostrando che queste donne, uomini e bambini per noi sono equiparabili a merce avariata. «Un carico residuale», per utilizzare le parole del nostro ministro degli Interni. In questo accordo l’umanità scompare totalmente, scompare nella mancanza di rispetto dei diritti primari e scompare, anche, quando si parla di fare accordi con Paesi terzi non del tutto democratici. L’Europa sembra avere una predilezione nel fare accordi con i dittatori: abbiamo fatto l’accordo con la Tunisia e non ha funzionato. Con Egitto e Libia e non hanno funzionato. E questi, per tanti migranti, non sono Paesi di partenza, ma di transito». 

Quale potrebbe essere la soluzione?

«La soluzione è solo una: fare arrivare le persone attraverso i canali regolari. Elimineremmo i trafficanti di esseri umani, i morti in mare, le sofferenze. Anche perché puoi mettere tutti i fili spinati che vuoi, innalzare muri, ma queste persone non hanno un’alternativa. Lo sanno che possono morire, lo mettono in conto, ma rischiano comunque la vita perché non hanno altra possibilità. Evidentemente chi ha approvato questo Patto non ha mai visto o parlato con una persona che viene da un naufragio o dai lager libici, che viene da quelle torture, da quelle sofferenze. Ci si dimentica troppo spesso che stiamo parlando di esseri umani. E molto spesso anche il linguaggio è scorretto: sento dire continuamente che dobbiamo difendere le frontiere. Ma le frontiere vanno controllate, non difese. Vanno difese quando un Paese è in guerra. Noi non dobbiamo difenderci da queste persone, da questi bambini, da queste donne. Non sono i nostri nemici dai quali proteggerci».

Von der Leyen in conferenza stampa post-voto ha detto che ora «Nessun Paese, compresa l’Italia, sarà lasciato solo a gestire l’immigrazione». È davvero così?

«Io credo che resteremo, al contrario, sempre più soli. Se volevano avvalorare veramente questa tesi dovevano eliminare il principio del Paese di primo ingresso. Io capisco che l’identificazione della persona migrante debba arrivare nel Paese di primo ingresso, ma la competenza nel trattare la domanda d’asilo deve essere a carico di tutti gli Stati membri. Per cui una volta che arrivi, poniamo in Italia, io ti identifico. Ma poi dovrebbe esserci questa ripartizione, una sorta di ricollocamene automatico sul territorio di tutti i Paesi dell’Unione in base alle loro possibilità, alla popolazione, al numero di migranti presenti nello Stato».

Teme che una una nuova maggioranza al Parlamento europeo possa inasprire ancora di più le misure sull’immigrazione? 

«Io spero che non arriveremo mai ad avere una maggioranza di destra perché significherebbe l’anarchia totale. I Paesi che sono di destra, ultradestra, sovranisti, nazionalisti non accettano l’Europa e le sue regole. Il rischio è la disgregazione dell’Ue. Sarebbe un danno enorme, significherebbe annullare tutto quello che i padri fondatori hanno fatto e rischiare di perdere l’Unione. Quella stessa Unione che noi dobbiamo difendere, malgrado le storture, come questo Patto, che si possono però correggere. Su altri temi, al contrario, l’Europa è stata straordinaria: dal Next generation Eu ai vaccini, per fare qualche esempio. Ma basta un solo motivo per non permettere la distruzione dell’Europa. E sa qual è? 80 anni di pace».

E quindi di fronte a che Europa ci troviamo? 

«Questa è un’Europa sempre più spostata a destra e sempre più contro l’immigrazione. E forse l’Italia è il Paese più accanito. Lo abbiamo visto come si comporta con le Ong, con il sequestro delle navi, per fargli evitare di salvare le persone. E poi basta con questa retorica: “Perché non se ne stanno a casa loro”. Non riescono a capire che in passato siano stati noi ad andare a casa loro, a sfruttarli, colonizzarli, schiavizzarli. Li abbiamo depredati, derubati, gli abbiamo tolto anche la dignità. E, questo, accade ancora oggi. Ancora oggi andiamo “a casa loro”. Gli abbiamo tolto tutto: gas, oro, petrolio, terre rare. Pensate alle multinazionali o ai cambiamenti climatici, anche quelli li abbiamo determinati noi e rappresentano la causa principale di quelli che vengono chiamati migranti economici».

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