La narrazione fuorviante sul «dossier occultato» del Parlamento europeo sul 5G
Alcune condivisioni Facebook parlano di un «dossier occultato» del Parlamento europeo, secondo il quale il 5G essendo «probabile cancerogeno». Vediamo come è stato prodotto lo studio e perché in realtà le onde elettromagnetiche non ionizzanti continuano a essere sicure nei valori autorizzati nell’Unione europea.
Per chi ha fretta:
- Alcune condivisioni parlando di un dossier occultato del Parlamento europeo che dimostrerebbe come il 5G risulti probabilmente cancerogeno.
- In realtà il documento è consultabile online e non è sufficiente a ribaltare la classificazione della IARC nel gruppo 2B, come possibilmente cancerogeno.
- Il dossier in oggetto elenca anche i limiti dei dati raccolti negli studi presi in considerazione.
Analisi
La condivisione riguardo al 5G probabile cancerogeno, con allusioni a una concreta pericolosità negli esseri umani, si presenta generalmente con la seguente didascalia:
5G
PARLAMENTO EUROPEO, IL DOSSIER OCCULTATO: “5G PROBABILE CANCEROGENO PER GLI ESSERI UMANI”
Nel 2021 il Parlamento europeo pubblica il rapporto Health Impact of 5G
concludendo che le radiofrequenze da 450 a 6000 MHz sono probabilmente cancerogene per gli esseri umani e influenzano chiaramente la fertilità maschile, con possibili effetti negativi sullo sviluppo di embrioni, feti e neonati. Il rapporto fu tenacemente voluto dall’europarlamentare Michéle Rivasi, promotrice di un altro report sui legami PROFONDI tra 5G-lobby-scienza-militari: RIvasi è improvvisamente morta a Bruxelles alla fine del 2023.
5G «probabile cancerogeno»?
Quando nel documento in oggetto si parla delle radiazioni non ionizzanti della rete 5G, la definizione di «probabile cancerogeno» non riguarda la ben nota classificazione della IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro). L’ente infatti le considera – sulla base dei migliori studi a disposizione – «possibilmente cancerogene», inserendo tali onde elettromagnetiche nel gruppo 2B, assieme ad altre 284 sostanze che possono tranquillamente trovarsi in commercio, perché non sono ritenute pericolose. La differenza viene meglio precisata anche all’interno del documento, (Tabella n°7, pag. 19):
Riproponiamo una versione divulgativa che avevamo già pubblicato in un precedente articolo:
«Se ci sono sufficienti evidenze di cancerogenicità negli esseri umani la sostanza viene classificata nel gruppo 1; se ci sono limitate evidenze di cancerogenicità negli esseri umani, ma sufficienti evidenze negli animali di laboratorio, la sostanza viene classificata nel gruppo 2A. Se ci sono limitate evidenze di cancerogenicità sia negli esseri umani sia negli animali, la sostanza è classificata nel gruppo 2B».
I limiti del dossier
Sono gli autori del report a classificare – sulla base di una loro rassegna della letteratura -, le basse frequenze tra 700 e 3 600 MHz come probabilmente cancerogene. Molto correttamente i ricercatori dedicano un intero capitolo a elencare il limiti del report (Capitolo 3, pag. 21). Riportiamo alcuni passaggi (il grassetto è nostro):
Per quanto riguarda gli studi epidemiologici, gli errori di richiamo rappresentano un pericolo sistematico poiché l’epidemiologia influenza gli studi retrospettivi quando i partecipanti vengono intervistati o compilano questionari sull’esposizione avvenuta in passato. Di solito il problema è che i ricordi delle persone possono essere imprecisi o incompleti; questo diventa un problema serio negli studi caso-controllo, dove i casi, la cui salute è stata compromessa, sono probabilmente più consapevoli e chiari riguardo all’esposizione passata, mentre i controlli sono spesso meno consapevoli e ricordano con meno precisione. Ciò può aumentare o diminuire la relazione causa-effetto osservata. […] Date alcune nuove funzionalità di 5G (MIMO, beamforming) e le relative e riconosciute incertezze relative all’esposizione e valutazione dell’esposizione, è discutibile se gli studi su 1G-4G possano essere generalizzati direttamente al 5G […] Queste considerazioni non devono sminuire la fatto che le prove attuali provenienti dagli studi 1G-4G sono le migliori prove disponibili.
Ricordiamo a questo punto che dagli anni ’60, con un particolare incremento negli anni ’90 si studia l’eventuale impatto delle radiazioni non ionizzanti. Parliamo di un totale di circa 28 mila articoli scientifici, dove si evince che i dispositivi coinvolti non hanno mostrato di procurare danni alla salute delle persone.
Le evidenze di cancerogenicità sono limitate
Leggiamo ora in dettaglio le conclusioni sul 5G «probabile cancerogeno» riportate dagli stessi ricercatori (quelle dettagliate si trovano nel praragrafo n°6, pag. V), tra cui troviamo anche autori dell’Istituto Ramazzini di Bologna, noto per un precedente studio promosso dalla cooperativa sociale bolognese; utilizzato in maniera fuorviante dai detrattori del 5G, riguardante l’esposizione dei ratti per l’intera durata della loro vita alle onde elettromagnetiche non ionizzanti (ne avevamo tratta to qui e qui).
«Esistono prove limitate di cancerogenicità delle radiazioni RF negli esseri umani. Aggiornando i risultati della valutazione complessiva del 2011 al 2020 – spiegano i ricercatori -, sono state nuovamente osservate associazioni positive tra l’esposizione alle radiazioni a radiofrequenza dei telefoni wireless e sia il glioma (tumore del cervello) che il neuroma acustico, ma le prove sull’uomo sono ancora limitate».
Conclusioni
Anche se il dossier in oggetto suggerische che le radiazioni del 5G siano un probabile cancerogeno nell’uomo, si tratta di una revisione che si discosta nettamente dai risultati raccolti dalla IARC, che classifica le onde non ionizzanti nella tabella 2B come «possibile cancerogeno», assieme oltre duecento sostanze che si trovano in commercio. In sostanza non esistono evidenze tali da rendere il 5G meno sicuro delle generazioni precedenti.
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