La persona ritratta è uno scrittore, vestito da donna come gesto simbolico
Circola il collage di due fotografie, dove verrebbero ripresi i rispettivi figli del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e della ex presidente estone Kersti Kaljulaid. Nello scatto di quest’ultima, il presunto figlio risulta essere vestito da donna. La falsa narrazione tende a screditare attraverso l’omofobia la donna e la sua famiglia. Di fatto, la foto sulla destra ritrae veramente la ex Presidente estone Kersti Kaljulaid, ma la persona accanto non è affatto imparentata con lei.
Per chi ha fretta
La persona ritratta accanto alla ex presidente estone non è suo figlio vestito da donna.
Si tratta dello scrittore Mikk Pärnits.
Lo scrittore aveva spiegato il gesto simbolico, che non ha niente a che fare con presunte preferenze sessuali.
Analisi
Di seguito un esempio di condivisione via Facebook:
Ecco un esempio di condivisione:Il presidente antiquato della Bielorussia con il figlio e il presidente alla moda dell’Estonia con il figlio
A voi le conclusioni
Il testo e le foto risultano pubblicate il 23 giugno 2024 dall’account Twitter/X “Lidia” (@lastregatriste):
La falsa narrazione circola da ben prima, e con altre foto dell’evento ritratto, come possiamo notare dal seguente tweet del 2023 dell’account di disinformazione SprinterFamily:
La falsità circola in lingua russa dal 2020
La falsa narrazione non è recente, circolava già tra gli account di lingua russa fin dal 2020 su VK:
Lo scrittore estone
La foto non è recente, risale infatti al 2020 durante la premiazione dello scrittore Mikk Pärnits. Non si tratta affatto del figlio della ex Presidente estone Kersti Kaljulaid.
Perché era vestito da donna
Nell’articolo del sito Parnu.postimees.ee (screenshot qui sopra) vengono riportate le motivazioni dello scrittore nel presentarsi alla premiazione vestito da donna:
Non ho messo il vestito. In un certo senso l’abito è l’armatura maschile, una forma di protezione. Un uomo di mezza età in giacca e cravatta può dire cose incredibili e la gente crederà e ascolterà molto tempo fa. Ho scelto di rendermi vulnerabile, beffardo, ridicolo. Così vengono spesso viste le donne
Conclusioni
La persona ritratta accanto alla ex presidente estone non è affatto suo figlio “vestito da donna”.
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La Banda Kawasaki formata da Achille Lauro, Salmo e Gemitaiz, in zona Cesarini potrebbe anche prendersi l’estate, perché il pezzo è una bomba. Torna il solito morbido Diodato con la sua visione poetica e romantica delle cose, tornano anche gli Eugenio in Via Di Gioia, che mettono la loro musica al servizio della causa del rapper iraniano Toomaj Salehi. Fa molto ridere il disco di Valerio Lundini e i Vazzanikki, delude quello di Anna, particolarmente atteso ma vuoto di guizzi e impegno. Si a Kid Lost, ni ai Bloom, no agli Omini. Male Vale Lambo, meglio Medy, una bomba Vale Lp e Lil Jolie.
Chicca della settimana: Concordia, l’album di EDONiCO.
A voi tutte le recensioni alle nuove uscite della settimana.
Achille Lauro, Salmo e Gemitaiz – Banda Kawasaki
Rap in cassa dritta che spacca, il fondamentale contributo intellettuale di Achille Lauro (quel ricorrente «perepé». Punto) impreziosisce ed esalta i magnifici esercizi di stile di due giganti come Salmo e Gemitaiz, le cui barre ballano il tip tap tra lingua e labbra facendole eccitare come frizzy pazzy. Tutto è energico, cool, preciso, divertente e pungente. Categoria: hit.
Diodato – Molto amore
Molto amore più che una canzone suona come un augurio, sentito, di cuore, profondo, per il miglior futuro che si possa auspicare per un altro essere umano: «Vita e molto amore». Il brano vibra di quella gioia che fa sempre da filo conduttore dei pezzi di Diodato, quel romanticismo gradevole, educato, ai limiti del mistico, del bio, dell’ecclesiastico, quella specie di intellettualismo francescano che però alla fine ti risuona bene, morbidamente, nelle orecchie e nel cuore. Una gran fortuna che ci siano artisti e persone come Diodato in giro per questo pianeta.
Anna – Vera Baddie
Uno dei dischi più attesi dell’anno, d’altra parte non è che il rap italiano trabocchi di rapper donne, per cui questa curiosità ci sembra del tutto naturale. Forse perché si sperava che queste nuove diciotto tracce rappresentassero uno snodo cruciale nella cronologia del game italiano, l’inizio di qualcosa, una proposta che fosse nuova non solo perché penna e voce appartengono ad una donna, l’unica riuscita a farsi un nome che richiama attenzione almeno quanto quello di un collega uomo, ma perché ci fosse una visione, in quanto donna, certo, diversa, in termini di flow ma soprattutto di contenuti. Invece parliamo di un album medio, condizionato da una spudorata e affannosa caccia alla hit, questo comporta che le sonorità seguono la scia del già sentito, del già funzionante, non ci si prende troppi rischi, finendo per confondersi nella selva di musica italiana che va forte in classifica ma che nella sua prescindibilità non dura oltre il quarto d’ora canonico. Evidenti i limiti in termini di composizione, come costruzione delle barre, sempre piuttosto piatte, senza che vengano proposti doppi salti mortali. Ma anche in termini di contenuti, solo a tratti davvero interessanti, nella maggior parte delle volte la proposta risulta identica a quella di tutti gli altri, cosa che ammoscia un pò la sensazione dopo questa fantomatica attesa. Ci sono buoni momenti, come ABC, salvata dal tocco sempre magistrale, istintivo, divino, di quel fenomeno di Thasup, l’unica autentica giovanissima rivelazione del rap italiano degli ultimi anni; niente male anche I Love It con Artie 5ive e poi Hello Kitty, altra cassa dritta in compagnia dell’unico feat. femminile dell’album, Sillyelly. Per il resto solo un frappé appena appena digeribile fatto di musica già sentita e balle di fieno che rotolano in un ricco ma ugualmente desolante deserto di intuizioni, idee e cose da dire. Intendiamoci, nessuno chiedeva ad Anna un disco femminista, ci mancherebbe, ma possibile che l’unica rapper che ha davvero superato una certa soglia di credibilità discografica, nel 2024, in Italia, con tutto quello che succede, per quanto giovane, non abbia voglia e capacità di prendere una posizione forte? Non abbia voglia di rivendicare qualcosa in maniera netta e potente? Possibile che non abbia sentito la necessità artistica di andare oltre accenni e cliché? Così pare. Infatti, sarà che le aspettative erano piuttosto alte, forse troppo, ma questo disco vale pochino.
Eugenio In Via Di Gioia – Farò più rumore del ratatata
Farò più rumore del ratatata è già un bene che esista come canzone, che qualcuno si sobbarchi il peso di una dichiarazione musicale politica in un momento storico in cui l’impegno sociale nella musica italiana è ridotto ai minimi termini. L’impegno in questione, per essere più specifici, è la situazione del rapper iraniano Toomaj Salehi, che sta dentro la canzone con la propria voce, naturalmente ricreata dall’Intelligenza Artificiale, a ricordarci in maniera così cruda e quasi commovente che nel 2024 ipotizziamo la definitiva conquista dello spazio mentre ad uno sputo da casa nostra c’è gente che non ha il diritto di cantare ciò che gli va. Gli Eugenio in Via Di Gioia, supportati dalla penna sempre sopraffina di quel gigante di Willie Peyote e dalla produzione di quel fenomeno di Okgiorgio, si prendono in carico questa denuncia mantenendo non solo la loro inoppugnabile etica musicale ma proponendo un pezzo che, al netto delle ragioni politiche, è una bomba. Progetto dunque promosso, sotto tutti i punti di vista, sperando che la musica conservi ancora quella capacità di risvegliare le coscienze.
Valerio Lundini e i Vazzanikki – Innamorati della vita
L’attività di Lundini con i Vazzanikki è la perfetta traduzione musicale della sua attività televisiva da attore e autore comico. Quindi irresistibile, quindi raffinatissima fino a sfiorare l’intellettualismo dei giganti del genere comico, musicale e non. Innamorati della vita non è un titolo a caso, non è solo un riferimento dall’assonanza demenziale, perché dentro in effetti, c’è proprio la vita, ma proprio tanta vita, ma proprio un mare di vita, tutta immortalata in veri e propri racconti che vengono esaltati con quel nonsense cinico ed esilarante. Innamorati della vita suona come un disco ma si può serenamente assorbire come un film, tanto sono lucide le immagini che lo compongono. Una recensione comunque non potrà mai far brillare oltre ciò che rende brillante questo album. In pratica, senza giri di parole, fa ridere. Fa ridere tantissimo. Fa ridere bene. Fa ridere di gusto. Fa ridere da pazzi.
Vale Lambo – Jacquemus blu
L’innamoramento come un lusso, una borsa costosa come metafora. Una metafora che risulta, al contrario, poverella, soprattutto di sostanza. Il pezzo non sbrilluccica come solitamente fa il lusso e si perde in una narrazione romantica si, ma ben poco coinvolgente. Alla prossima.
Medy – Ti ricordi di noi
Nonostante la cassa dritta pregna di intenti catchy, il pezzo trasuda un certo romanticismo, il sogno realizzato di andare fuori dall’Italia, una visuale in soggettiva che ci restituisce, pur nella sua leggerezza di fondo, nel disimpegno musicale, l’immagine nitida di un pensiero. Questo sentiment, di fondo, aiuta ad afferrare il pezzo prima, a gradirlo dopo. Bene.
Vale Lp feat. Lil Jolie – Guagliona
Guagliona suona come una conferma. La conferma che la musica di Vale Lp freme, trema, brucia forte. La conferma che Guagliona, inteso come disco, l’ultimo di Vale Lp, è valido e merita un’attenzione maggiore di quella ricevuta, specie quando poi ci si lamenta che ci sono poche donne nel mondo della musica italiana. Perché a cercarle si trovano e Vale Lp sta qui e ci sta ormai da tempo, basta dare una possibilità di ascolto per innamorarsene. Guagliona conferma anche l’ottimo istinto musicale di Lil Jolie, preparata al pop che conta già molto prima di essere conosciuta come Amica di Maria De Filippi. Guagliona insomma è un brano carico di cazzimma, pensato bene, misurato ed efficacissimo. Questo è il futuro del pop mainstream che ci auspichiamo.
Livio Cori – Nun è ammore
Hit romantica, efficace, che esalta la fascinosa rozzezza del romanticismo partenopeo e quel virtuoso appeal del rap. Quando è buon rap, è chiaro. Questo è ottimo. Bravo.
Bloom – Hangover
Album adulto, intellettuale, artigianale, nostalgico, nella sua accezione più nobile, è chiaro (visti i tempi, meglio specificare). All’interno brani digeribili come Ridarei vita (stupenda), Rose in velluto dark, Lasciarsi in una notte di mezza estate, si alternano a quello che è il carattere generale di un disco che non fa sconti, che non accetta compromessi, che manifesta la propria essenza alternative rock con l’orgoglio della superband. Per Giusy Ferreri deve essere stato liberatorio poter mostrare questa sua anima, decisamente più autentica e funzionale di quella incatenata in quelle hit orripilanti.
Kid Lost – Criatur
Bello notare come non tutti i giovani rapper aspettino di farsi dire da un trend come scrivere e produrre musica, che è sempre la strada più semplice. Bello ascoltare le storie, farsi raccontare i sentimenti, entrare dentro la coscienza e la visione di un artista con totale fiducia, senza il rischio di trovarci dentro quella spacconeria di plastica e fasulla. Che si manifesta molto meno quando i rapper, giovani o vecchi che siano, sono napoletani, evidentemente rispetto ai cugini milanesi non hanno tempo da perdere per la costruzione della famigerata e ridicola street credibility. Kid Lost è un musicista vero e Criatur un album vero, infatti è pieno di dubbi, di rabbia, di riflessioni, di idee e di onestà. Nessuna indicazione sulle canzoni, sono tutte valide, tutte meritevoli.
España Circo Este – Vino in cartone (Canzone per la decrescita felice)
Un brano che parla della semplicità con la quale ormai viviamo anestetizzati nel mondo. Quindi di superficialità, di leggerezza. In questo senso potremmo considerarlo un brano quasi politico nella sua freschezza, una skill tipica degli España Circo Este, una delle più interessanti nuove formazioni italiane. Il nostro modo di stare al mondo, così disinteressato rispetto ciò che di atroce succede, anche oggi, anche in Italia, probabilmente anche nel nostro stesso palazzo, è aberrante e va denunciato. Anche con una canzone.
Ayle – La parte del mondo che non mi piace
Indubbio che questa scoordinazione, anche nella semplice pronuncia delle parole, alle volte letteralmente indecifrabili, cela una qualche fascinazione, alle volte può riservare piacevoli sorprese, infatti Gli zombie della notte e Triste sono due brani mica male. Poi però bisogna pesare anche le cose che non vanno, dei limiti evidenti in termini di scrittura, è un attimo passare dall’essere diretti ed efficaci ad essere banalotti e poco interessanti. Ayle in questo EP tocca entrambe le estremità. Forse questi cinque pezzi gli saranno utili per capire che genere di artista vuole diventare, al momento secondo noi meritevole tutto sommato di una pacca sulla spalla.
Kaufman – Heavy Metal
Gli amori estivi pungenti e totalizzanti come lo è l’heavy metal, come quel batticuore spontaneo sotto cassa, quell’adrenalina che scuote, che rianima, della quale non sapevi di aver bisogno. Ottimi i Kaufman, come sempre, questo pezzo ti permette di entrare a piè pari dentro un’emozione dai contorni contrastanti. E godertela infinitamente.
Omini – 666
Agli Omini l’audacia di un certo rock non è mai mancata, in questo sono efficaci e coreografici. Certo, non sono nemmeno mai riusciti ad eliminare quella patina di ingenuità, non sono mai nemmeno riusciti a dare qualcosa in più, un tocco, un’idea, una prospettiva, a quel genere che eseguono così tanto bene. 666 fracassa come è giusto che sia, ma non punge e alla fine ne resti totalmente illeso e lindo. Il rock che funziona demolisce senza scampo, spara cannonate, in questo senso gli Omini in mano non hanno niente di più di un Liquidator. Niente di entusiasmante insomma. Spiace.
Sally Cruz – Requiem
Buon pezzo e grande interpretazione. Quando sul ritornello la voce di Sally Cruz, fateci caso, si graffia leggermente, il cuore esplode in mille pezzi. Resta con me, scappa, vai via, torna, ti prego no e poi ancora. Il requiem che propone Sally Cruz è per una storia finita ma ancora oscillante tra la vita e la morte, tra il prima e il dopo. Emozioni uptempo. Bravissima.
Peter White – L’ora d’oro
L’ora d’oro è un brano intriso di quella bellezza epica e definitiva, quella bellezza antica che ormai, signora mia, canzoni così non ne fanno più. L’ora d’oro è una canzone quieta e paziente, è una di quelle canzoni da godersi ad occhi chiusi, che gracchia da una vecchia radio in un vecchio bar mentre ciucci la punta di un Calippo. Perché c’ha ragione la signora di cui sopra, non ne fanno più canzoni così. E chissà perché. Bravissimo.
Anzj – Surf
Ascolti la prima volta e ti senti come nel bel mezzo di un incrocio, con voci discordanti che ti arrivano da ogni punto cardinale. Tu afferri frasi, parole, concetti, nemmeno tanto bene, e ti ritrovi confuso, senza che ci abbia capito questo granché. Ascolti una seconda volta e i pezzi del puzzle cominciano a riordinarsi, la canzone prende una forma, così sei libero di percepire l’essenza del pezzo, l’invito a surfare in mezzo a queste voci, in mezzo a quella confusione. Che poi è la vita in fin dei conti, no?
ETT – Frankie
ETT traduce in musica un sentimentalismo extraterrestre con un piglio futurista, suo marchio di fabbrica da sempre. I suoni che propone ETT sono fascinosi, conturbanti, labirinti fantascientifici senza uscita, senza una soluzione chiara come, d’altra parte, una soluzione chiara all’amore, che poi è l’argomento del pezzo, non esiste mai. Mettete il piede nell’acqua pura e gelata, godetevi il brivido, immergetevi, rigeneratevi, anche quando fa paura. Bravissima.
Danilo Ruggero – Sapone
La celebrazione della parola. Sapone ci spiega come il modo in cui guardiamo al mondo possa renderlo immediatamente migliore, come la bellezza vive nei nostri occhi e anche, soprattutto alle volte, nella nostra capacità di raccontarla o meno. Si tratta di un brano complesso, teatrale, a tratti anche confuso, ma l’intento è talmente importante che alla fine chissenefrega.
Manupuma – Cuore leggero
Una serie di ballad, ben scritte, ben congeniate, interpretate con intensità, anche quando piuttosto pretenziose, specie nella costruzione del testo, con questa poetica che parrebbe avere l’ambizione della complessità ma che alla fine, stringi stringi, dice pochino, saltellando tra brani così diversi gli uni dagli altri, da non riuscire a mostrare un’identità ed un carattere forti e definiti. Ma si tratta comunque di un buon lavoro, certamente scaturito da un’urgenza la cui matrice è artistica, serve soltanto un lavoro diverso, continuare a costruire, forse sarebbe più corretto evolvere, sulla base di brani che sicuramente valgono. Splendidi per esempio quelli piano e voce, sono già finiti dritti dritti nella nostra playlist.
Olden – Gioia negli occhi
Manuel Agnelli che incontra Lucio Battisti in una ballad meravigliosa, tenuta in piedi dal suono caldo di un pianoforte, che parla di tempistica, di sorpresa, della consapevolezza, alle volte improvvisa, che coglie i nostri occhi. Un attimo prima guardi qualcosa, un attimo dopo stai guardando la stessa cosa ma ha forme e prospettive diverse. Un risveglio morbido e felice, senza pensieri, comodo e agiato. Un gran bel pezzo.
EDONiCo – Concordia
Disco eccezionale, perfetto, godibilissimo. La provincia raccontata senza alcun dichiarato malumore, senza quella malinconia forzata, annoiata, trascinata, ma come elemento della vita che incide su chi siamo e come cresciamo e come diventiamo, esattamente come un’altra miriade di piccole e grandi cose della vita. L’album è quadrato, preciso, nonostante un appeal che riporta ai tempi d’oro dell’indie, a quella sincerità, a quella profonda freschezza che convinse, coinvolse e rivoluzionò un’intera generazione. Un pezzo in particolare non ve lo sapremmo consigliare, sono sette e ognuno brilla di una luce fortissima. Bravissimo. Bravissimo. Bravissimo.