La sentenza della Cassazione: le carezze non consensuali sono violenza sessuale. Il caso del medico legale di Torino
Una sentenza destinata a fare scuola quella della Cassazione contro l’ex direttore della scuola di medicina legale di Torino Giancarlo Di Vella. Secondo la Corte, qualsiasi «contatto» non consensuale anche se «fugace o estemporaneo», non solo nelle zone «tradizionalmente considerate erogene», ma in qualsiasi altro punto del corpo, è «violenza sessuale», se la persona che ne è vittima è stata in qualche modo «coartata». Di Vella, scrive La Stampa, è quindi indagato per violenza e non per molestie nei confronti di dodici sue ex allieve. Le donne hanno denunciato il suo comportamento: mani sul sedere, massaggi sulle aree scoperte dal camice, strusciamenti e domande moleste come «Quante volte lo fai con il tuo fidanzato?». La sentenza ha respinto il ricorso di Di Vella e annulla l’ordinanza del Riesame di Torino che aveva revocato i domiciliari sostenendo che le sue azioni fossero semplici molestie.
Il caso
Di Vella provava a giustificare il suo comportamento: «Ho un carattere espansivo», «Sono un uomo del Sud». Così le sue mani si allungavano sulle allieve durante le autopsie, secondo la Procura di Torino. Le donne hanno raccontato di braccia lungo i fianchi, gesti e domande inopportune: «Che biancheria intima usi?». Ma niente ora potrà essere usato come “scusa”. Il discrimine è il consenso e la fattispecie si trasforma in una più grave, dalle molestie alla violenza sessuale, il reato ipotizzato sin dall’inizio dalla
pm Giulia Rizzo. Se Di Vella andrà alla fine a processo dovrà affrontare le accuse di violenza sessuale aggravata, stalking e falso. Le dodici allieve, assistite dagli avvocati Gian Mario Ramondini e Gian Maria Nicastro, sono pronte a fare fronte comune e a costituirsi parte civile. «La inusuale condotta di Di Vella che si è lasciato andare, ripetutamente e con diversi soggetti, a toccamenti, baci e gesti non poteva essere certamente giustificata o ridotta a meri gesti inopportuni in considerazione di elementi squisitamente soggettivi, quali il carattere estroverso o la provenienza geografica dell’indagato», scrivono i giudici nella sentenza.
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