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Banche dati, la paura del ministro Nordio: «Non siamo al sicuro. Esiste un indirizzo e una regia»

27 Ottobre 2024 - 09:12 Alba Romano
Il guardasigilli al Corriere della Sera: «Giusto parlare di complotto»

«Non siamo al sicuro. Gli hacker sono più avanti». Queste le parole del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a Virginia Piccolillo sul Corriere della Sera in merito all’inchiesta di Milano sui dossieraggi e gli hackeraggi di banche dati pubbliche e sensibili. «C’è un gap da colmare tra le capacità criminali, le nostre dotazioni tecnologiche e la normativa», sottolinea Nordio. «Dobbiamo allinearci anche lavorando con la fantasia – afferma il Guardasigilli – Prevedere anziché inseguire le loro mosse. La captazione dei dati non è nulla rispetto al vero pericolo imminente: la manipolazione con l’intelligenza artificiale creerà fake news capaci di fare grande danno». E sull’ipotesi che ci sia un mandante davanti a questa situazione replica: «Da quanto si è potuto capire è stato fatto un dossieraggio mirato nei confronti di personalità di alta caratura politica. Non nei miei, perché conto poco. D’altronde non ero neanche nelle intercettazioni di Palamara: forse contavo poco anche come magistrato. Certo esiste un indirizzo e una regia e quindi è giusto parlare di complotto».

Nordio e la separazione delle carriere dei magistrati

Il ministro nega pressioni del governo sulla magistratura: «Separazione delle carriere e riforma Csm erano nel nostro programma. Ho il dovere di portarle avanti. E auspico ci sia il referendum. La separazione c’è in Paesi dove è nata la democrazia come Usa e Gb. E non intacca l’indipendenza». E sulle osservazioni dei magistrati dell’Eaj (l’Associazione europea delle toghe, ndr) risponde: «Rispettabilissima associazione, ma non ha rilievo istituzionale. Comunque chi vede nella riforma una pressione del governo sbaglia: è un atteggiamento incomprensibile e irrazionale». «Se si parla di confronto anche aspro, ricordo che i primi a scagliarsi contro il governo sono stati i magistrati e l’Anm non è intervenuta. In un qualsiasi Paese libero e democratico le affermazioni di un giudice che valuta la premier come persona pericolosa darebbero
scandalo. Sarebbero giudicate indecenti».

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