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La vita intima di Rkomi: «Un anno fa sono caduto nell’apatia, ora mi prendo più sul serio» – L’intervista

23 Maggio 2025 - 14:31 Gabriele Fazio
Esce oggi il nuovo album del rapper. «Ho ascoltato tanto cantautorato in questo periodo», racconta a Open

Il titolo del nuovo album di Rkomi, in uscita venerdì 23 maggio, è decrescendo., scritto così, con il punto finale. Un punto che «mi dice che si è veramente chiuso un capitolo importante della mia vita, della mia musica, che sto proprio voltando pagina». La svolta di Rkomi, 31 anni, vero nome Mirko Martorana, è del tutto cantautorale. Il percorso si fa più intimo e incisivo e il cantante parrebbe aver trovato una propria dimensione più precisa attraverso 18 brani molto introspettivi, rispetto al rap con forti venature pop di Taxi Driver, l’album dell’esplosione.

Ascoltando questo disco l’impressione forte che ho avuto è che, sia come uomo che come artista, tu sia arrivato a una consapevolezza. Quale?

«È l’unica domanda a cui faccio fatica a rispondere, la cosa più didascalica che mi viene in mente è questo punto che metto alla fine di ogni brano nella tracklist»

18 pezzi sono tanti, avevi evidentemente tante cose da dire…

«Arrivando dal rap, sono sempre stato educato in questo modo: brani lunghi, interludi, intro, outro…Al di là di questo, avevo bisogno di tanti brani per soddisfare la voglia di chi mi segue e mi chiede qualcosa di più o di diverso. Poi forse sono stato vittima dell’ego: mi piacerebbe rieducare le persone ad avere più attenzione, ad accettare album più lunghi, brani anche con un minutaggio in più»

All’interno ci sono diversi featuring.

«Io ringrazio tutti gli artisti che hanno accettato di partecipare, perché hanno avuto grande voglia di farlo. Si sono tutti interessati molto a che tipo di album stessi facendo. A volte può capitare che ci siano dei featuring più furbetti, più leggeri. Non stavolta»

Come hai vissuto il passaggio a uno stile più cantautorale?

«In parte mi sono lasciato prendere dall’ispirazione, in parte ho agito in modo strategico con l’obiettivo di organizzare bene le cose da dire e lavorando su come fare a dirle tutte. Quindi sono tornato un po’ ragazzino, come quando frequenti la ragazza che ti piace e aspetti un’ora e mezza a mandare il messaggio, perché strategicamente non vuoi farti vedere troppo preso, oppure aspetti a baciarla perché non vuoi perderla per la fretta. E poi però finisce con del grande sesso, proprio di quelli estremi, che casca tutto per casa»

Sembra che la parola cantautorato ti colga di sorpresa, è così?

«Ho ascoltato tanto cantautorato in questo periodo. Avevo chiesto anche ad Andrea Laszlo De Simone un featuring ma non è stato possibile. Peccato. Ma a me basta far presente che mi sarebbe piaciuto, poi le cose se possono succedere succedono»

Questo disco segue Taxi Driver, che ha avuto uno strabiliante successo. Durante la produzione ci pensavi?

«Certo, ci ho pensato inconsciamente, però gli obiettivi erano diversi. Con questo disco volevo fare un ricapitolo di tutto quello che è successo, partendo da tutti i miei cazzi, dalle persone a me più vicine»

Quando un artista produce un disco così intimo, poi funziona anche un po’ da esorcismo per tutto ciò che si affronta?

«Assolutamente sì, ma il grande lavoro è stato fatto un anno prima, quando mi sono preso più sul serio, quando iniziavo a vergognarmi di dire una cosa piuttosto che un’altra in un brano, di fare una cena in più, di fare una festa in più, un sorriso in più, una chiacchiera in più che non avevo voglia di fare, perché tanto era finta. Quindi via i convenevoli, ho vissuto un bel po’ di apatia, sono stato male, sono stato bene e poi a giochi fatti, a problemi superati, ne ho potuto parlare»

Tu senti che Il ritmo delle cose  è un brano che non è stato ben capito a Sanremo?

«È un brano che non ha proprio un capo e una coda. Se molti brani di questo disco ce l’hanno è perché me lo sono imposto. Il ritmo delle cose è composto da domande che mi sono fatto e che io pongo alle persone. Però mi è parso di capire che non sono domande che altri si pongono»

Nel frattempo hai capito come si interrompe quel «violento decrescendo»?

«Questo dobbiamo chiederlo ai grandi potenti, non lo so, io posso farmi solo delle domande»

Cosa ti piacerebbe che rimanesse di questo disco in chi lo ascolta?

«La voglia di non credere sempre nel nuovo, che è una visione capitalistica che abbiamo tutti in questa epoca».

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