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L’ira di Saviano contro FdI: «Mi vogliono morto come Falcone e Borsellino? Non è un partito ma una banda»

24 Maggio 2025 - 13:42 Ugo Milano
saviano fdi gomorra
saviano fdi gomorra
Duro affondo dello scrittore dopo un post social del partito della premier in cui si invitava a diffidare da chi «ha migliorato la propria vita speculando sulla criminalità»

Fratelli d’Italia non è un partito, ma «una banda, che come una banda si muove: bersaglia, insinua, intimidisce». È un contrattacco a briglia sciolta quello del giornalista Roberto Saviano contro il partito della premier Giorgia Meloni. Nella giornata di venerdì 23 maggio, FdI aveva pubblicato sui social un post per l’anniversario della strage di Capaci in cui si scagliava non troppo velatamente contro l’autore di Gomorra, definendolo uno che «ha migliorato la propria vita speculando sulla criminalità». Una definizione per cui il giornalista ha espresso il suo «disgusto», denunciando il significato di quel messaggio come «omertà». E ricordando tutti i casi in cui esponenti del primo partito italiano sono stati condannati proprio per legami con la malavita.

Il post di Fratelli d’Italia e il «disgusto» di Saviano

L’invito da parte di Fratelli d’Italia era diretto e chiaro: seguite l’esempio non di chi ha scritto Gomorra, lucrandoci su, ma di chi ha «combattuto la criminalità, pagando con la vita». Ed ecco comparire le figure di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, uno a fianco all’altro con la scritta «i fratelli d’Italia». Proprio da qui è ripartito nella sua dura replica Saviano, dai due storici magistrati impegnati nella lotta contro la mafia: «Loro sono morti e quindi eroi, lui è vivo e quindi un mentitore? Questa è mentalità mafiosa», ha attaccato. «Chi racconta il potere criminale, per loro “specula”? Questa è omertà. Vogliono il silenzio e lo mascherano, millantando che chi racconta il male, diffonde il male». La colpa, secondo lo scrittore, non è infatti «della musica trap o delle serie tv», bensì «dell’estrema disoccupazione, dell’assenza di formazione e della miseria educativa».

I casi Caruso, Acri e Fidanza per Fratelli d’Italia

A questo punto, Roberto Saviano va esplicitamente al contrattacco elenca tre casi in cui lo stesso partito di Fratelli d’Italia è stato pienamente coinvolto in indagini sulla criminalità organizzata. In primo luogo il caso di Giuseppe Caruso, condannato a 12 anni in Cassazione perché referente del clan Grande Aracri, a cui procacciava finanziamenti europei per le loro imprese agricole. Cita poi Giovanni Acri, consigliere comunale a Brescia arrestato nel 2024 dalla Direzione distrettuale antimafia perché affiliato alla famiglia dei Tripodi e agiva per loro come una sorta di medico privato. Proprio Acri, racconta Saviano, si dimise per far entrare in consiglio comunale un uomo vicino a Carlo Fidanza, oggi capodelegazione di FdI al Parlamento europeo. In cambio, quindi, Fidanza «assunse il figlio di Acri» e per questo ha patteggiato una condanna per l’accusa di corruzione.

La stoccata finale a FdI: «Antimafia? Solo retorica, è una banda»

«Figure locali, obietteranno», conclude il giornalista. «Ma è proprio attraverso le figure locali mafiose che, da sempre, molti partiti (non tutti, ma molti) governano il consenso e controllano territorio e risorse. Fratelli d’Italia non è un partito con scelte antimafiose. Solo retorica e facili commemorazioni. È una banda. Amica degli amici. E come una banda si muove».

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