Lo scontro tra genitori ebrei sull’istituto del figlio: «Deve andare alla scuola privata ebraica. No, deve andare alla scuola pubblica»


Scuola pubblica o istituto privato ebraico? È la scelta che devono prendere due genitori in via di separazione per il percorso scolastico del figlio di cinque anni. Il padre, ebreo, affidatario del bimbo in attesa del pronunciamento dei giudici sulla causa di separazione, vorrebbe iscriverlo alla scuola pubblica Alfieri Lante della Rovere, a Roma. Ma né l’ex moglie e madre del bambino né ovviamente la Comunità Ebraica sono dello stesso parere. «Deve andare all’istituto ebraico Vittorio Polacco, dove ha già frequentato l’asilo», dicono. Il punto focale è quello di come trasmettere l’identità religiosa al bimbo.
La scelta spetta al tribunale
Scelta che deve essere presa celermente considerando che le iscrizioni per il prossimo anno sono già in corso. Tuttavia la decisione dei giudici della prima sezione del Tribunale si annuncia complessa per diversi motivi. Non solo vi sono ben otto istanze depositate dallo studio legale Rocco a favore dell’istituto Polacco, ma la Comunità Ebraica, nella sua più autorevole composizione, ha deciso di far pesare il suo parere a sostegno della mamma. Il padre, invece, gode del sostegno dell’assistente sociale capitolina Erika Ceccarini, che ha destato la contrarietà della Comunità Ebraica. E naturalmente del suo avvocato, Federico Sinagra: «Il padre ha in mente solo il bene del minore e siamo sicuri che il Tribunale anche in questo caso giungerà alle stesse conclusioni».
La questione identitaria
«Si nasce ebrei, ma la maturazione e la consapevolezza di esserlo si interiorizza negli anni attraverso la partecipazione e il vissuto diretto e condiviso», ammonisce Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche, nel parere, inviato il 16 aprile 2025 al Tribunale. Come a dire che la questione identitaria è prioritaria. Anche perché, continua Di Segni, un bambino che si allontani «da un contesto comunitario scolastico difficilmente può essere accompagnato». Batte il ferro sulle assenze Riccardo Pacifici, vicepresidente dell’European Jewish Association, che porta l’attenzione sulle differenze tra calendario scolastico italiano ed ebraico, che rischierebbero di mettere in difficoltà il bambino.
Il rischio di pregiudizi e l’ipotesi di una borsa di studio
Il rischio di cadere in pregiudizi è dietro l’angolo, secondo Pacifici, che scrive: «Mi auguro sinceramente che tutta questa imbarazzante vicenda si risolva nel migliore dei modi affinché mai e poi mai si possa pensare a decisioni dettate da pregiudizi culturali nei nostri confronti». La Comunità Ebraica si spinge, infine, a ipotizzare l’eventualità di una borsa di studio che arrivi «fino alla copertura totale della retta scolastica richiesta e quindi alla possibilità di frequentare gratuitamente la scuola ebraica», come scrive il presidente Victor Fadlun.