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Chiara Poggi uccisa con due oggetti. L’arma del delitto mai trovata e le ferite diverse tra loro: la nuova pista a Garlasco

05 Giugno 2025 - 13:49 Cecilia Dardana
chiara poggi arma del delitto
chiara poggi arma del delitto
La nuova ipotesi sull'arma del delitto sostiene che ne siano state utilizzate due: un oggetto pesante e uno con caratteristiche da taglio. Solo così si spiegherebbero alcune ferite diverse tra loro

Tra i tanti aspetti ancora da chiarire sul delitto di Garlasco, ce ne sono due che non trovano una soluzione: il movente e l’arma del delitto. Non la trovarono nella primissima inchiesta, che ha condannato in via definitiva Alberto Stasi a 16 anni di carcere per la morte di Chiara Poggi, e non la trovano ora, nel nuovo filone di indagini che vede come unico indagato Andrea Sempio. Il movente, pur essendoci un condannato, non è mai stato chiarito. L’arma del delitto non solo non è mai stata trovata, ma non è stata nemmeno mai «identificata» con precisione. E ora, dopo 18 anni, si apre la pista delle due armi che potrebbe spiegare alcune ferite diverse tra loro. E potrebbe anche far immaginare più persone presenti sulla scena del delitto.

Le caratteristiche dell’arma del delitto

Sul luogo del delitto dell’arma non c’è traccia. Ma nella sentenza in Appello del 6 dicembre 2011 si parla di «uno strumento pesante, vibrato più volte con notevole forza, avente una stretta superficie battente, con una punta impiegabile di per sé e probabilmente di natura metallica». Sono le caratteristiche generali che l’oggetto dovrebbe avere. Ma sul corpo della vittima sono state riscontrate ferite differenti. Il medico legale, Marco Ballardini, individua la causa del decesso nelle «lesioni contusive cranio-cefaliche», provocate, si arriverà a ipotizzare, da un martello da muratore. In un primo momento, su indicazione dei consulenti della Procura, si era pensato all’uso da parte dell’assassino di un paio di «forbici da sarto», ipotesi poi archiviata, anche sulla base della segnalazione del padre della vittima, che un anno dopo, rientrato a casa, denuncia la scomparsa di un «martello a coda di rondine» che l’uomo usava per rompere i bancali in legno.

La pista dell’attizzatoio da camino

Negli anni si sono rincorse diverse teorie. Ma ce n’è una che ha preso piede più delle altre: è la pista dell’attizzatoio da camino. Si basa sulle parole di Marco Muschitta, nel verbale poi subito ritrattato dall’operaio. E cioè quelle che descrivono Stefania Cappa, una delle cugine di Chiara Poggi, mentre in bicicletta si allontana dalla zona con in mano un grosso oggetto. Sulla base di quella testimonianza e della storia raccontata dal «supertestimone» a Le Iene, il 14 maggio si perlustra un tratto del canale di Tromello. Vengono ritrovate una pinza da camino, la testa di un martello e due accette. Tutti oggetti che saranno ora analizzati.

La pista delle due armi

Ora si apre la pista che ipotizza siano state usate due armi. Questo spiegherebbe alcune ferite: in particolare i tagli alle palpebre, che evocano — annotava il dottor Ballardini — un’arma con «filo piuttosto tagliente» o «punta acuminata»; e la lesione alla mascella destra, che presenta più «caratteri di alterazioni tipo punta e taglio che non contusive». Un attrezzo pesante, quindi, con cui la vittima sarebbe stata colpita alla testa. E un secondo oggetto, con caratteristiche da taglio. È possibile dunque che sulla scena del delitto ci fossero più persone? Gli inquirenti non lo escludono. Ma su questo e altri elementi si dovrà fare chiarezza. Il 17 giugno si terrà l’incidente probatorio, da cui si attendono risposte su Dna e impronte, nella speranza che si aggiunga qualche tassello a una vicenda diventata ormai intricatissima.

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