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La battaglia di Milano per riaprire la piscina Argelati: il comune ferma la privatizzazione e apre al restyling

11 Giugno 2025 - 09:36 Bruno Gaetani
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L'assessora allo Sport, Martina Riva: «Stiamo ascoltando le richieste della città, riaprire l'impianto costerebbe tra i 15 e i 20 milioni»

Ci è voluta una raccolta firme e una mobilitazione della città, ma alla fine il Comune di Milano si è deciso a cambiare idea: la piscina Argelati resterà in mani pubbliche. L’impianto è stato chiuso nel 2022 e ora versa in condizioni di abbandono. Eppure, di posti come quello ne servirebbero eccome nel capoluogo lombardo, specialmente di fronte a estati sempre più roventi. Per ridare vita alla piscina, Palazzo Marino aveva aperto all’ipotesi di privatizzare l’area e darla in gestione a una società esterna. Ma questa decisione ha generato un’ondata di proteste. Che, a giudicare dagli annunci delle scorse ore, sembrano aver sortito l’effetto sperato.

Il ripensamento del Comune

«Stiamo ascoltando le richieste della città e valutando la possibilità di mantenere la piscina pubblica, anche grazie all’impegno dell’assessorato al Bilancio», ha promesso l’assessora allo Sport, Martina Riva. La storica vasca di via Segantini, insomma, potrebbe rimanere in mano al Comune, anche se la privatizzazione non è stata esclusa del tutto. «Non siamo ideologicamente favorevoli o contrari agli investimenti pubblici o privati. Il nostro unico faro è sempre stato il valore sociale dell’impianto, ovvero l’accessibilità e le tariffe», ha spiegato ancora Riva. La pressione dei cittadini, però, è troppo forte. E così Palazzo Marino inizia a fare i conti per capire quanti soldi richiederebbe la riapertura dell’impianto: «Un’eventuale operazione richiederebbe un investimento compreso tra i 15 e i 20 milioni di euro e tempi stimati, tra progettazione e lavori di manutenzione, di circa cinque anni».

La battaglia di «Sai che puoi?»

A spingere il Comune di Milano a cambiare idea è stata la pressione dell’associazione Sai Che Puoi?, che ha avviato una raccolta firma per chiedere la riapertura delle piscine chiuse (cinque su un totale di otto impianti pubblici) a prezzi calmierati. «Per decenni Milano ha garantito a chiunque spazi pubblici per il refrigerio e la socialità: i centri balneari comunali, dove a tariffe popolari si poteva trascorrere l’estate in città. Tre su quattro di questi luoghi storici – Lido, Scarioni e Argelati – sono chiusi da anni, però, e rischiano di essere trasformati in spazi privati, accessibili solo a pochi», si legge sul sito dell’associazione. Per il Lido ormai è troppo tardi: nel 2017 il Comune l’ha affidato a una multinazionale spagnola per 42 anni. Ma per le piscine Scarioni e Argelati, scrivono ancora gli attivisti, «siamo ancora in tempo per scrivere un finale diverso, che metta al centro l’interesse pubblico».

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