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Il miracolo di Vishwash, unico sopravvissuto del Boeing indiano: «Attorno a me solo cadaveri e pezzi d’aereo, così mi sono salvato»

12 Giugno 2025 - 17:45 Diego Messini
Kumar Ramesh, 40 anni, tornava a Londra insieme al fratello dopo qualche giorno nel Paese d'origine. Il suo racconto dall'ospedale

«È successo tutto così in fretta. Quando mi sono alzato, c’erano cadaveri tutt’intorno a me». È vivo per miracolo Vishwash Kumar Ramesh, il 40enne britannico di origine indiana unico sopravvissuto del Boeing 787 del’Air India schiantatosi oggi ad Ahmedabad. Ha ferite al petto, al volto e ai piedi, ma è vigile e non sarebbe in gravi condizioni, come dimostra anche una foto che rimbalza dall’ospedale della città dell’ovest dell’India. E infatti a poche ore dal tragico incidente trova la forza di consegnare almeno una breve testimonianza ai media indiani che lo hanno rintracciato. Kumar Ramesh racconta di aver sentito un forte rumore appena 30 secondi dopo il decollo da Ahmedabad. «Poi l’aereo si è schiantato». In pochi secondo è stata la catastrofe: la perdita di quota, l’impatto con l’ostello, le fiamme e l’impressionante nube di fumo. 242 morti: tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio tranne lui.

L’incredulità e l’angoscia per la sorte del fratello

«Quando mi sono alzato – racconta dunque all’Hindustan Times – attorno a me c’erano solo cadaveri. Ho avuto paura: mi sono alzata e ho cominciato a correre. Tutt’attorno c’erano pezzi dell’aereo». Ma a quel punto i soccorsi erano già arrivati, e per lui l’incubo a occhi aperti è finito: «Qualcuno mi ha preso, mi ha messo in un’ambulanza e mi ha portato qui in ospedale». 40 anni, Kumar Ramesh vive a Londra da venti. Era stato in India giusto per qualche giorno a trovare la sua famiglia. Stava facendo rientro nel Regno Unito insieme a suo fratello Ajay, di 48 anni. Dal momento dell’impatto non ne ha più avuto notizia, e ora chiede disperatamente di averne. Stando ai resoconti del bilancio del disastro, con ogni probabilità purtroppo non ce l’ha fatta. Vishwash invece sì, e la sua carta d’imbarco – rimasta incredibilmente intatta e pubblicata sui media indiani – potrebbe spiegare perché: sedeva al posto 11A, vicino a un’uscita di emergenza del Boeing 787. Il fratello sedeva invece in un’altra fila. Breve distanza che potrebbe averli separati tra la vita e la morte. Ora Vishwash, di certo, non vede l’ora di riabbracciare moglie e figlio, che vivono a Londra.

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