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Ligabue sui finti sold out ai concerti: «Nella musica c’è troppa competizione». Poi l’appello per la pace dal palco di Campovolo: «Basta massacri»

22 Giugno 2025 - 00:00 Ugo Milano
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«Se dal provino in casa non arrivi il giorno dopo a fare lo stadio sembra che ci sia qualcosa che non va. Ma è proprio questo che va: serve un periodo di maturazione», afferma il rocker di Correggio prima di salire sul palco della RCF Arena di Reggio Emilia

«Non sono aggiornatissimo sulla nuova musica italiana, ma è evidente che il settore sia diventato incredibilmente competitivo». Con queste parole Luciano Ligabue si unisce alle voci di Antonello Venditti, Alex Britti e Federico Zampaglione sul tema dei sold out a tutti i costi, spesso ottenuti con biglietti regalati o venduti a prezzi stracciati. «C’è una competizione assurda: se dal provino in casa non arrivi il giorno dopo a fare lo stadio sembra che ci sia qualcosa che non va. Ma è proprio questo che va. Serve un periodo di maturazione», afferma. «Se esistono queste pratiche – aggiunge Ligabue -, non fanno bene né alla musica né agli artisti che le vedono attuare dalle loro agenzie». 

Il ritorno a Campovolo

Il rocker di Correggio è tornato questa sera – sabato 21 giugno – a Campovolo, alla RCF Arena della sua Reggio Emilia per la quinta volta in vent’anni. La prima fu nel 2005, poi 2011, 2015, 2022. Questa volta, il pretesto è triplice: celebrare i 30 anni dell’album Buon Compleanno Elvis, i 20 anni dal primo concerto a Campovolo e i 35 anni di carriera, insieme all’anniversario del disco Nome e Cognome. «All’inizio Campovolo ci è quasi sfuggito dalle mani, vent’anni fa – ricorda Liga, per il quale sono arrivati 100mila fan -. Di solito “nemo profeta in patria” e nessuno immaginava che sarebbe arrivata così tanta gente (furono 165mila persone, ndr). Via via si sono fatti gli altri Campovolo, e hanno sempre avuto qualcosa di significativo. Sono nate storie, famiglie, c’è sempre una magia. Ed è sempre stato più chiaro che un concerto da solo non bastasse: e così siamo arrivati alla festa di due giorni di stavolta. Abbiamo lavorato sodo per alzare l’asticella».

L’appello alla pace con Benigni sulle note di Il mio nome è mai più 

Ma Campovolo è anche un’occasione per guardare oltre la musica, verso ciò che accade nel modo. Ligabue sceglie di metterci la faccia: contro i conflitti, per sensibilizzare sul riscaldamento globale e sul tema caldo dei sold out pompati. Già nel 1999, con Il mio nome è mai più – il brano pacifista contro la guerra nell’ex Jugoslavia, scritto con Piero Pelù e Jovanotti – aveva lasciato un segno forte. Oggi quella canzone acquista un significato ancora più universale, e Ligabue ne è consapevole. Stasera, sul palco, il rocker la introduce con le parole pronunciate da Benigni a Propaganda Live su La7, dedicate alla strage di bambini e agli orrori della guerra. Le sue note risuonano mentre sui maxischermi appaiono frasi inequivocabili: «Basta con il massacro a Gaza, Basta con il massacro in Ucraina, Basta con il massacro in Sudan, Basta con i 50 massacri in corso nel mondo».

«Ogni parola rischia di essere superflua, dato l’orrore che vediamo, ma dobbiamo pensare che ci sia una fine a questo massacro – le parole dell’artista prima di salire sul palco -. Da parte dei governanti, non si può pensare sempre in termini di riarmo e guerra. Se non senti il tema dei bambini, non sei umano». Ripetere l’esperienza di allora, ammette Ligabue, «è più complicato: allora si vendevano i dischi, ora il ricavato dalle piattaforme non sarebbe lo stesso. E usciva un millesimo della musica che esce oggi, con le canzoni che durano una settimana. Certo, rimane il contributo culturale che si può dare. Il mio nome è mai più è esattamente quello che continuo a pensare, anche dopo 26 anni».

Foto copertina: ANSA/TINO ROMANO | Ligabue dialoga con il cardinale Matteo Maria Zuppi presso Auditorium del salone internazionale del libro, Torino 16 maggio 2025

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